Volley femminile

Volley femminile, Velasco: “La squadra non aveva bisogno di motivazione, ma di sicurezza”

Julio Velasco
Julio Velasco, Ct Nazionale italiana volley femminile - Foto Antonio Fraioli

È la prima volta dopo la vittoria che riguardo le immagini. Un po’ perché non vado a vedere indietro e poi non ho avuto l’opportunità e devo dire che mi sono emozionato. Noi ci stiamo rendendo conto adesso di quello che abbiamo fatto. Ma lì, partita per partita, punto a punto…”. Le parole di Julio Velasco, il tecnico della Nazionale femminile di volley, commentando al Festival dello Sport di Trento le immagini della conquista dell’oro olimpico a Parigi 2024. “Noi allenatori dobbiamo trasmettere alla squadra quello di cui ha bisogno. Questa squadra veniva da un anno difficile, era molto chiacchierata e aveva bisogno di tranquillità. Di combattere l’ansia, di vivere momento su momento. Non c’era bisogno di motivarle ma di trasmettere sicurezza e quindi ho cercato di restare impassibile ma dentro di me è diverso. L’allenatore è un buon attore, deve trasmettere qualcosa e deve scegliere cosa, a volte azzecchiamo la scelta a volte a no. Io non credo nei discorsi che non hanno consistenza, una verità dietro. Ad un allenatore devono piacere le sua giocatrici, perché sono le sue. Come i figli. Se mi piacciono quelle degli altri, come succedere ad alcuni allenatori, è difficile che la squadra sia convinta e abbia autostima, abbia la forza di affrontare altre squadre che sono più forti sulla carta. Bisogna giocare meglio degli altri“, ha aggiunto Velasco. “Dobbiamo essere prima insegnanti e poi allenatori. Noi allenatori rispetto a chi ha giocato non facciamo nulla, il nostro lavoro è convincere gli altri. Quindi è assolutamente negativo mettersi come esempio. Ognuno è diverso da me non è come me. Dobbiamo insegnare, i ragazzi devono giocare liberi, non giocare guardando la reazione dell’allenatore. Se succede vuol dire che nel processo educativo, lo penso anche per i figli, c’è qualcosa che non va. Dobbiamo educarli non difenderli al punto che dipendono da me. Io ho detto alle ragazze che voglio giocatrici autonome che sanno cosa fare, anche autonome da me, ha concluso.

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