“Vincere l’oro a Parigi 2024 è stata una gioia immensa, indescrivibile. Dopo la semifinale mi sono detta ‘non ci credo, abbiamo vinto la prima medaglia del volley femminile italiano’, ma poi ha preso spazio la consapevolezza che non avevamo ancora finito. Ho un po’ di nebbia ripensando all’ultimo punto contro gli Stati Uniti, ricordo le lacrime di gioia. Gli ultimi anno sono stati complicati. Ho realizzato davvero solo quando sono arrivata in Italia e in tantissimi hanno cominciato a fermarmi per farmi i complimenti”. Così Sarah Fahr, in un’intervista al Corriere della Sera, ricorda i momenti dopo aver vinto la medaglia d’oro nel volley femminile alle Olimpiadi di Parigi 2024. Un trionfo che l’azzurra spera possa lasciare un’eredità importante: “Ha acceso riflettori sul volley che spero restino accesi a lungo. Sono felice dell’attenzione mediatica e mi auguro che anche i nostri campionati possano beneficiarne. Abbiamo una pallavolo di altissimo livello e il nostro compito sarà far appassionare ancora di più al nostro sport”. Una vittoria a cui ha contribuito in maniera netta il ct Julio Velasco: “L’anno scorso non c’ero, ma è evidente che c’era qualcosa da sistemare. Dal nostro primo incontro, Velasco ha mostrato di avere le idee chiare su tutto, sapeva cosa voleva da ognuna di noi, come voleva lavorare. Ha dato regole precise e ha messo il gruppo nelle condizioni di ritrovare i suoi equilibri: ci ha fatto stare tranquille, il resto è storia”.
Fahr, poi, ha voluto raccontare le difficoltà vissute nonostante la sua giovanissima età: “L’adolescenza è stata la prima grande rivoluzione, quando il tuo corpo comincia a cambiare e ti sembra di vedere il giudizio negli occhi degli altri. Poi la pandemia, col passaggio dal Club Italia a Conegliano nella stagione dell’Olimpiade. Volevo sentirmi all’altezza, essere più magra, più atletica, più tutto. Ho iniziato una dieta sempre più ferrea: mi logorava nell’anima. Ci è voluto un po’ per capire che ero nel pieno di un disturbo dell’alimentazione. E sono sicura sia stata una delle cause del primo infortunio”. Una spirale pericolosa da cui è uscita “a tutte le persone che mi vogliono bene. In quell’anno ho conosciuto anche Nicolò, il mio fidanzato, che mi ha presa per mano, mi ha riportata sulla terra e mi ha accompagnato fuori dal tunnel. Da un paio d’anni ne sono fuori e ne parlo perché spero che la mia storia possa aiutare tante altre persone: se ne può uscire”. Non solo i disturbi alimentari, ma anche i due terribili infortuni al ginocchio: “La seconda volta che mi sono rotta il crociato volevo smettere. La prima l’avevo affrontata col sorriso, la seconda ero disperata, svuotata. Stavo mollando, finché non ho incontrato un libraio di Conegliano sul treno per andare a farmi operare a Roma. Abbiamo iniziato a chiacchierare. Mi ha detto che era un tifoso dell’Imoco e ho cominciato a vomitargli addosso il mio dolore. Mi aspettavo la sua compassione, invece era impassibile, quasi non gli importasse di quello che stavo raccontando. Poi mi ha detto che era semiparalizzato e che aveva ripreso a camminare dopo 18 anni di fisioterapia. Da allora tutto ha trovato un senso nuovo”. Grandi sofferenze ma anche una grande consapevolezza: “Guardando al mio passato in maniera lucida, mi rendo conto che quelle sofferenze, anche atroci, mi hanno aiutata a crescere. Senza quel conflitto col mio corpo, la lotta col cibo, i due infortuni gravi non sarei la donna e l’atleta che sono ora”.