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Volley, Myriam Sylla si racconta: “I razzisti non li odio, però evito di perdonarli”

Myriam Sylla
Myriam Sylla, Vero Volley Milano - Foto LiveMedia/Lisa Guglielmi

“I compagni mi prendevano in giro, mi svuotavano lo zaino nel pullman e non mi facevano sedere accanto a loro. Non gliela faccio passare liscia ai razzisti: non odio, però evito di perdonare”. A pochi giorni dall’inizio degli Europei femminili di volley, Myriam Sylla si racconta in un’intervista a Sette, il settimanale del Corriere della Sera. “Il legame con la Costa d’Avorio sarà eterno. Non ho mai avuto modo di conoscerla, prima o poi rimedierò – racconta la capitana della Nazionale -. Sono andata via quando avevo 5 anni, poi ho vissuto a Palermo, grazie ai miei nonni, fino ai 14. Quando lo sport mi ha riempito le estati, non sono più potuta tornare. Ma un mese fa ho fatto una sorpresa alla nonna, che non mi vedeva da un bel po’: mi ha trovato un po’ cresciuta. Mio padre è stato fortunato a incontrare quelle due persone. Se mia nonna non gli avesse dato un passaggio, non so proprio che cosa sarei stata. Papà era arrivato a Bergamo. Dormiva alla Caritas. Ma faceva freddo e mio zio soffriva: così si trasferirono al Sud. Una sera quella signora, rientrando a casa in macchina, vide mio padre e lo aiutò. Lui cominciò a lavorare per la famiglia, quindi mia mamma lo raggiunse: quando nacqui io, queste due persone si affezionarono. Alla nursery facevano vedere a mia nonna tutti i bimbi bianchi. E lei: ‘No, è quella lì’. L’infermiera strabuzzava gli occhi…”

Il legame è forte anche con Sicilia: “Ma se sono siciliana non sono forse italiana? Sono cittadina d’Italia, io sono ovunque. A Palermo c’è il mio inizio ed è il luogo dei nonni adottivi. Ha sole, caldo, allegria: mi assomiglia”. E ovviamente la Nazionale: “Sono cambia moltissimo, soprattutto in termini di senso di responsabilità. All’inizio credevo che essere la capitana mi avrebbe cambiato poco o nulla, ma così non è stato. Ho scoperto che devi occuparti non solo di te stessa ma di più persone e soprattutto devi comprendere bene che cosa possa generare ogni tua azione. Quindi devo rispondere alle compagne di quanto faccio”. E in chiusura si ritorna sull’argomento ius soli, per il quale si è combattuta: “Non avrei dovuto? Per 10 anni ho avuto un passaporto verde, pur non essendo stata in Costa d’Avorio ed essendo nata e vissuta in Italia. Ad un certo punto ho avuto una crisi d’identità e mi sono detta: sono italiana oppure no?”

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