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Non è andata come sperato la prima semifinale slam in carriera per Jannik Sinner, che ha dovuto cedere il passo a Novak Djokovic in tre set. Sul match in sé c’è poco da dire: il serbo ha giocato meglio, è più forte e, anche se Jannik avrebbe potuto portare a casa il terzo set, l’impressione è che la vittoria di Nole non fosse mai in discussione. Parlare di passo indietro rispetto allo scorso anno, quando Sinner conquistò i primi due set, è però ingeneroso. Dodici mesi fa c’erano infatti in campo due giocatori diversi: da un lato Djokovic non era in corsa per il Grande Slam e sapeva di potersi permettere anche una partenza ad handicap (come spesso è successo in tanti altri match), dall’altro Sinner non era uno dei migliori giocatori al mondo come invece ha dimostrato di essere dall’inizio di quest’anno ed era sceso in campo di fatto senza nulla da perdere.
Stavolta invece già i presupposti erano diversi: Djokovic aveva vinto le ultime 26 partite consecutive nei Major e non perde su erba da ben 1846 giorni, mentre Sinner aveva la pressione della prima semifinale slam e anche quella di dover dimostrare di aver fatto progressi un anno dopo. Parlare di progressi quando si scende in campo sul Centrale di Wimbledon contro un giocatore che non perde da oltre 10 anni non è semplice, ma per Sinner questa sconfitta fa parte di un processo. Il match ha infatti evidenziato gli ampi margini di miglioramento per il classe 2001, che nei momenti importanti si è completamente disunito e non è riuscito a mettere in campo la cattiveria necessaria per punire il suo avversario. Se poi dall’altra parte della rete c’è Djokovic, allora certe mancanze si pagano in maniera ancora più cara.
Detto questo, oltre a ciò che non ha fatto Sinner va sottolineato quello che invece ha fatto Djokovic, che all’età di 36 anni continua a dominare e a scrivere la storia di questo sport. Dopo aver raggiunto la 35esima finale in carriera a livello slam (record, superata Chris Evert) ora il serbo punta ad agganciare Margaret Court a quota 24 slam e Roger Federer a quota 8 Wimbledon. Numeri fuori dal normale che ridimensionano in parte il ko di Sinner, che non merita critiche ingenerose della serie ‘dopo aver battuto tanti signor nessuno, è stato spazzato via dal primo avversario serio’. Sinner può lasciare Wimbledon con sensazioni molto positive e ci riproverà l’anno prossimo, sicuramente come uno dei grandi favoriti.
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In finale, l’avversario di Djokovic sarà ancora più giovane dato che a contendergli il titolo troverà Carlos Alcaraz. Il tennista spagnolo ha portato a casa con sorprendente facilità la sua semifinale (la prima a Wimbledon) contro un avversario sulla carta ostico come Daniil Medvedev. Il russo non è però riuscito in alcun modo ad impensierire il numero uno al mondo ed ha perso il servizio ben sei volte, uscendo di scena con un triplice 6-3 in 1h50′. Prestazione estremamente convincente da parte di Alcaraz, capace di dar seguito al titolo del Queen’s e bravissimo a sconfiggere sul suo cammino avversari scomodi come Berrettini, Rune e Medvedev. Certo, questi ultimi due non sono specialisti della superficie, ma si tratta comunque di top 10 in grado di arrivare alle fasi finali del torneo e dunque da non sottovalutare.
Contro Djokovic sarà tutta un’altra storia e Carlitos scenderà in campo da sfavorito. Darlo per spacciato però non è mai una buona idea, anche perché con il livello di tennis che sta esprimendo può puntare davvero in alto. Ad impreziosire la finale c’è una posta in palio raddoppiata: oltre al titolo di Wimbledon, il vincitore si prenderà anche la vetta del ranking Atp (e della Race). Insomma, una finale tutta da vivere tra i due giocatori più forti del mondo a tutti gli effetti.
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