Raoul Bellanova, esterno del Torino e convocato dalla Nazionale italiana, rilascia una lunga intervista ai microfoni di Radio TV Serie A: “Cos’è il Toro? Da quando sono arrivato, la cosa che mi ha colpito più di tutte è stato l’affetto e il modo in cui mi hanno accolto i tifosi. A Torino ho giocato un anno, per adesso, e sembra di essere qui da quattro o cinque anni. I tifosi si fanno sempre sentire, sia in città sia in campo, sostenendo anche nei momenti difficili. I compagni mi hanno accolto benissimo, anche quando inizialmente non avevo ancora carburato, sono veramente contento della scelta che ho fatto e la rifarei altre centomila volte. Lo stadio è stato praticamente sempre pieno, il pubblico è ambizioso anche per la storia che ha questa grande squadra. È giusto che i tifosi del Toro richiedano ai giocatori, quest’anno nelle sconfitte e nelle vittorie abbiamo dato il 100% cercando di portare a casa più punti possibili. Grande Torino? Aver indossato la maglia celebrativa in onore dei caduti di Superga è stato emozionante, c’era un clima diverso allo stadio in quella partita. Entrare al Filadelfia e leggere i nomi dei giocatori incisi sulle mura dello stadio ti fa capire quanto quella squadra sia stata importante per questa città. È giusto onorare la storia di questa maglia ogni volta che giochiamo“. Poi, su Cairo e Juric: “Presidente e mister sono due persone che sono sempre state presenti in questo mio percorso, soprattutto all’inizio quando non riuscivo ad esprimermi al 100%, non è da tutti stare sempre accanto a un giocatore sia dentro il campo che fuori. Sono state due persone fondamentali nella mia crescita. Il Presidente mi ha scritto un bellissimo messaggio dopo la partita con l’Italia negli Stati Uniti, ha detto che era orgoglioso perché aveva visto in campo lo stesso Bellanova che vede ogni sabato e domenica con il Torino. Mister Juric? Lo devo ringraziare come fosse un padre, è stata una persona fondamentale che più di tutti mi è servita in questa crescita. Avere la fiducia del mister è la cosa più importante per rendere in campo, anche quando inizialmente non riuscivo a esprimermi come volevo lui era sereno, veniva a parlarmi e ha iniziato a farmi fare dei lavori mirati in campo. Piano piano sono usciti i frutti del suo lavoro, il 60% di quello che ho fatto quest’anno è merito suo“.
Ripercorre poi la sua carriera: “La prima squadra in cui ho giocato si chiamava Azzurra, avevo cinque anni. Ero un ragazzo molto timido, i miei compagni di scuola volevano che andassi a giocare con loro, io giocavo solo con mio papà in garage. Così sono andato e dopo pochi mesi mi ha chiamato il Milan, avevo cinque anni e mezzo: dopo diversi provini mi hanno preso. È stata una parentesi bellissima, ringrazio tantissimo il Milan perché mi ha fatto crescere. Mi hanno preso che ero bambino e me ne sono andato a 19 anni, quando sono andato in Francia. Prima convocazione in Serie A? Mi ha chiamato Vincenzo Montella, proprio contro il Torino. In quei momenti guardi gli altri e ti chiedi se potrai reggere quel tipo di pressione, se ci ripensi ora ti rendi conto di sentire i tifosi per dieci minuti di partita, e non per gli altri 80 per quanto è alta la concentrazione. Ex compagni che sento ancora? Cutrone mi ha sempre aiutato tantissimo, sia quando ci vedevamo in Nazionale, sia in prima squadra e c’era lui. In Francia, a Bordeaux, ho vissuto un brutto periodo. Proprio lì mi sono tatuato una frase con scritto: “dopo la notte arriva sempre l’alba”. Ho avuto un periodo davvero buio, ma poi ho ritrovato l’alba”. Poi, l’avventura con l’Atalanta: “Quell’Atalanta ce la ricordiamo tutti, una squadra che si è piegata soltanto al PSG, fino al 90esimo era in semifinale di Champions League. C’erano tantissimi giocatori incredibili, è stato un periodo di crescita nonostante feci una sola presenza di 20 minuti. Gasperini mi ha fatto capire sin da subito quanto avrei dovuto lavorare ancora per guadagnarmi un posto in Serie A e infatti l’anno dopo sono andato a giocare in Serie B, perché non mi sentivo ancora pronto. Penso che la Serie B sia un campionato che aiuta a crescere, è complicato e ci sono tanti giocatori talentuosi. Se lì dimostri di essere un giocatore di categoria superiore è giusto salire. Al giorno d’oggi, consiglio questo ai giovani”. “A Cagliari ho vissuto un anno fantastico, è stata la prima consacrazione per poi approdare all’Inter. Ho segnato il primo gol in Serie A, mister Mazzarri è stato fondamentale e mi spiace per come sia andata la stagione. A proposito, faccio loro i complimenti per la salvezza di quest’anno. Devo ringraziarli perché mi hanno permesso di raggiungere il sogno della mia vita, giocare per la mia squadra del cuore, ma anche perchè mi hanno fatto diventare uomo”.
La chiamata dell’Inter: “E succede il panico, all’Inter non si può dire di no. Ero in vacanza con i miei, arriva il mio procuratore e mi fa: “domani viene l’Inter con Ausilio, vuole che vai a Milano”. Gli rispondo: “non dirmi neanche le cifre, firmo adesso il contratto”. E’ stato veramente emozionante. Un bimbo che sogna di giocare nello stadio della sua squadra del cuore ed è lì per realizzare il suo sogno. E’ stato un anno partito basso e finito alto. Gli ultimi due mesi ho giocato, la finale di Champions non ti capita tutti i giorni e di questo devo ringraziare Ausilio, Marotta e soprattutto mister Inzaghi perché, nonostante tutto, mi ha sempre aiutato e si è sempre comportato bene con me. Giocando quelle tre partite di Champions League, capisci veramente il calcio delle stelle. Con quei calciatori ci giocavi prima solo alla playstation. Il Bayern, il Barca, il City. Purtroppo quella finale non è andata come volevamo, una finale che secondo me brucerà ancora per tanto. Ma penso che abbiamo dimostrato di averla giocata in maniera incredibile. Sono veramente contento per la vittoria del loro ventesimo scudetto. Quest’anno hanno mostrato una qualità, anche nelle riserve, impressionante. Anche con le riserve penso che avrebbero comunque potuto lottare per vincere. Questo è il loro segreto, così come lo è il gruppo che ho avuto la fortuna di trovare anche a Torino. A Milano ho passato un anno bellissimo con tutti i miei compagni, ci siamo sempre sentiti anche in questa stagione e adesso li rincontrerò in Nazionale”.
Infine, la convocazione di Spalletti: “Ci speravo tanto, di certo la convocazione me l’aspettavo più della scorsa volta. Ma una volta che è arrivata, è stata la cosa più bella del mondo. Cercherò di dare il massimo in queste due amichevoli per rientrare nei 26 finali. La Nazionale è il sogno di ogni bambino, giochi per il tuo Paese. Il giorno prima del debutto Spalletti è venuto a parlarmi, mi ha chiesto come stavo e se ero tranquillo, un po’ di cose private senza mettermi nessun tipo di pressione. Ero veramente emozionato, teso, poi quando inizia svanisce tutto. All’intervallo il mister mi ha corretto un po’ di errori, ma si sa che sta attento ai minimi dettagli, giusto così. La verità è che c’è un gruppo bellissimo, ho trovato tanti compagni che ho avuto all’Inter, ma vuoi o non vuoi alla fine conosci bene tutti. E’ proprio come fossi in un club. Giusto anche che ci sia un blocco nerazzurro visto quello che han fatto quest’anno“.