“A volte, in trasferta, dividevo la camera con l’allenatore. Lo facevo per risparmiare, ma dovevo stare attenta che, di notte, andasse tutto bene. Ho subito abusi di ogni tipo, anche sessuali diverse volte. Ne parlavo con le altre tenniste, ragazze un po’ più grandi. Mi dicevano: eh sì, funziona così, ci siamo passate anche noi. Ho imparato a dormire con la racchetta vicino”. Sara Ventura, oggi 47 anni e imprenditrice di successo, ma con un passato da tennista professionista negli anni ’90, sul nuovo numero di Vanity Fair denuncia l’ennesimo episodio di abusi e molestie in ambito sportivo.
Poi racconta un episodio tra i tanti: “Il giorno successivo a uno dei tentativi di incursioni notturne, io giocavo una partita dei campionati europei. Stavo vincendo 5 a 2 e mi sono permessa di tirare forte la prima palla di servizio: era un rischio ma ero consapevole che, se avessi sbagliato, avrei potuto contare sulla seconda. Purtroppo sbaglio. L’allenatore si alza in piedi e mi urla: ‘Testa di ca…o, ti mando a casa a calci in cu..o’. Detto fatto: quella partita poi l’ho vinta, ma lui non mi ha permesso di giocare per tutto il resto della settimana”.
Sul perché non ha parlato prima: “Mio padre era un uomo freddo, introverso, non avevamo grandi rapporti, e mia madre è mancata che avevo 12 anni: poco dopo mi hanno chiamato, insieme alle tenniste più promettenti d’Italia, per vivere, studiare e allenarmi in un collegio vicino a Roma. Ho accettato subito e sono andata via di casa. Ero sola. E non avevo neanche i mezzi economici per ribellarmi a quel sistema di ingiustizie e abusi”. “Se parlavi, se uscivi dalla federazione, la tua carriera era finita. Tutti sapevano, nessuno diceva una parola – conclude -. Le ragazze più fortunate, quelle con una famiglia alle spalle, a volte venivano prese e portate via. Io potevo contare solo su me stessa”.