E’ indubbiamente un momento d’oro e magico per Jannik Sinner. Il nuovo numero 4 al Mondo, dopo l’ultimo grande trionfo contro Medvedev, è entrato definitivamente nel cerchio, ristretto, del tennis moderno con le potenzialità che piano piano stanno uscendo tutte. A parlare di Sinner è stato anche Salvatore Caruso, tennista numero 279 della classifica ATP, intervenendo ai microfoni di TVPlay.it
Le parole di Caruso: “Mi ricordo bene di quando ho battuto Sinner a Cincinnati, era il primo torneo dopo la pausa del COVID. Lui giocava già benissimo, era con Andrea Volpini (che affiancava Riccardo Piatti, assente). Quel giorno sembrava un po’ spaesato e sono riuscito a vincere. Ma in realtà mi aveva battuto a Bergamo ad inizio anno, e si vedeva quanto fosse diverso dagli altri, soprattutto nell’atteggiamento. Era già molto “quadrato” come giocatore, e le qualità si intravedevano. Oggi è nell’élite del tennis, nella storia in pochissimi possono dire di essere arrivati al numero 4 del ranking. Direi che sta facendo un grandissimo lavoro con l’allenatore Vagnozzi“.
Su Dkojovic: “Ancora oggi riesce a fare la differenza, conserva in maniera splendida il suo fisico a 36 anni. Quando ci ho giocato al Roland Garros è stato particolare, un’emozione bellissima. Lui ti dà la sensazione di essere una macchina: per fargli il punto bisogna essere perfetti, non ti regala mai niente e ti distrugge dal punto di vista mentale. Quando scendi in campo devi pensare sempre, almeno all’1%, di battere l’avversario, anche se questo si chiama Djokovic“.
Sulla vita da tennista: “Nella vita quotidiana del tennista, le persone sono abituate spesso a pensare solo ai match. Ma dietro c’è tutta una preparazione, molto dettagliata. Al mattino ci si sveglia e si arriva diverse ore ai campi prima di giocare o allenarsi. Si fa il risveglio muscolare, oltre ad un’adeguata preparazione atletica in base al momento della stagione, e poi si va in campo. Ad esempio mi sono già allenato questa mattina, e tornerò in campo nel pomeriggio. Per un tennista è difficile sobbarcarsi tutte le spese, tra viaggi, vitto ed alloggio. È un tasto dolente per noi, soprattutto per coloro che non giocano nel circuito maggiore stabilmente. A livello Futures e Challenger, poter avere un allenatore, e poter viaggiare con lui, è da considerarsi un lusso. Emergere non è semplice nel mondo tennistico. Io sono stato fortunato perché ho incontrato Paolo Canova, il mio allenatore storico. A 17 anni, non potevo permettermi un allenatore come lui. È stato lui a scommettere su di me, a dedicarmi tempo ed energie, e quindi ad aiutarmi anche economicamente“.