“Ero in ufficio a Maranello, la notizia me la portò Stefano Lai, allora responsabile della comunicazione. Lì per lì non avevamo avuto la giusta percezione di ciò che era successo. Pensavamo si fosse rotto una o due gambe. Dopo pochissimi minuti le notizie sono diventate più chiare ed è subentrata una grande preoccupazione. Guardi, meno ne parlo e meglio sto perché fu una giornata terribile”. Luca di Montezemolo, ex presidente della Ferrari, in una lunga intervista alla “Gazzetta dello Sport” torna a parlare dell’incidente di Michael Schumacher a 10 anni di distanza. “Con Michael avevo un grande rapporto nonostante all’epoca non fosse più con noi. Ho dei ricordi meravigliosi a casa mia a Bologna insieme a Mick e Gina Maria entrambi piccolini. Venivano soprattutto in estate. Mettevamo Mick a dormire e Michael aveva paura degli insetti. Allora sistemavamo una zanzariera sul letto e Schumi ogni due minuti si alzava da tavola per controllare che la protezione tenesse. È stato un padre molto attento e premuroso”.
“Quando sono tornato in Ferrari l’obiettivo era ricostruire la squadra. Dovevo assumere persone valide per programmare un ciclo vincente e creare un clima buono in azienda. E infine Michael arrivò da me. Quel ragazzo tedesco il mito della Ferrari non l’aveva al cento per cento. Ma aveva capito la sua importanza quando l’anno prima era in testa al GP di Germania. A due giri dalla fine ruppe il motore e vinse Berger sulla rossa. Mi confessò di essere rimasto molto colpito: “Io tedesco, nel circuito di casa mi fermo per un guasto e vedo tutto Hockenheim pieno di bandiere della Ferrari che osannano un austriaco…”, racconta Montezemolo.
I ricordi più belli: “Comincio con il primo successo sulla rossa a Barcellona. Vinse sotto una pioggia battente e capii che finalmente eravamo al completo: squadra, atmosfera e un grande pilota. Paura? Mai, era molto coraggioso con un grande temperamento. Teniamo conto che le macchine di allora erano piu difficili di quelle di oggi dove c’è tanta elettronica. Per me è stato il migliore di sempre in gara. La monoposto gli mancava in ogni momento. Finiva un Mondiale e in vacanza andava sui kart aspettando di ritornare in pista”.
“Cosa avrebbe pensato Enzo Ferrari di lui? Ne sarebbe stato entusiasta. Perché gli piacevano i piloti che spingevano sempre. E l’avrebbe colpito positivamente il suo attaccamento ai meccanici. Anche quando si ruppe una gamba a Silverstone per colpa di un guasto, non ha mai detto una parola contro la squadra. E avrebbe potuto farlo”, conclude.