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“La terra non è la mia superficie preferita e non credo che questa situazione cambierà nel corso della mia carriera. A meno che, chissà, giunto al mio ultimo anno di carriera, dirò al mio coach che voglio giocare solo sulla terra per togliermi questo dubbio e dire di poter esprimermi bene anche lì sopra. Seriamente, il punto è che se vuoi migliorare devi prevedere un periodo più lungo di allenamenti sul rosso, e considerato quanto per me siano importanti i tornei sul duro, non me lo posso permettere, sarebbe un azzardo. Prima di Montecarlo quest’anno ho fatto 3-4 settimane di lavoro sulla terra, che è troppo poco per essere pronti”. Daniil Medvedev come sempre è onesto nel dire le cose come stanno a un paio di giorni dal suo esordio nel Masters 1000 di Madrid, dove è la seconda testa di serie del torneo.
La uno, ovviamente, è Carlos Alcaraz. “Sta giocando alla grande, serve bene e sa fare tutto, compresi quei drop shot che risultano imprendibili. Contro altri giocatori non mi sento di temere la palla corta, ma quando la fa lui spesso non ci arrivi. È un colpo stroardinario. Se te lo ritrovi nel tuo settore di tabellone ti spaventi, non c’è dubbio”, aggiunge il russo.
“Quando gioco sul cemento parto per vincere il torneo – spiega – ma in questo caso devo essere realista: se fin qui il mio miglior risultato è stata la semifinale in un 1000, vuol dire che dovrei essere contento di arrivare in finale in un torneo di questo livello. Ma prima ancora, voglio sentirmi bene in campo, capire che posso fare male col mio tennis anche qui. Come mi definirei? Diciamo così: non uno specialista della terra”.
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