Pierluigi Pardo analizza in un articolo della Gazzetta dello Sport il lavoro di Massimiliano Allegri sulla panchina della Juventus: “Come giudicare la prestazione bianconera con equilibrio, senza cioè farsi inghiottire dalla stucchevole diatriba risultatisti vs giochisti, che spesso sembra condizionata soprattutto dal tema delle simpatie personali? I fatti. Il gioco latita, certamente. In alcune fasi della gara uscire dal fortino è stato particolarmente complicato di fronte al vigore delle folate viola. Al tempo stesso però come poter tralasciare i numeri, come non sottolineare i progressi difensivi, lo spirito compatto e feroce ritrovato? Parliamoci chiaro, chi di voi avrebbe immaginato dopo il tragicomico autogol di Reggio al minuto 90 sei partite senza nemmeno un gol subito?“.
Continua poi tornando indietro di qualche giornata: “Presentarsi a San Siro con Rugani e Gatti sembrava oggettivamente un azzardo. E invece no. Qualche settimana dopo bisogna dire che il numero 4 al netto di qualche escursione fuori porta non autorizzata con annessi urlacci di Max dalla panchina ha trovato autorevolezza, Rugani ha avuto continuità, detto fra noi a Firenze sembrava quasi Beckenbauer, niente male per un giocatore che fino a poche settimane era fuori da qualsiasi radar bianconero“.
Infine, conclude: “Max sarà l’ultimo a offendersi. In cuor suo sa bene che è ancora un work in progress, che la distanza dall’Inter c’è ancora e che la Juve di Firenze potrà probabilmente bastare per ottenere un posto tra le prime quattro ma non per i sogni di rock and roll che milioni di tifosi coltivano. Insomma se è vero che Allegri non ha ancora migliorato il gioco, certamente ha migliorato i giocatori. È un primo passo”.