La tappa parigina della Diamond League, andata in scena venerdì 9 giugno, rimarrà negli annali per le prestazioni straordinarie di tanti atleti, con 2 primati mondiali ritoccati sui 5.000m femminili, 3.000m siepi maschili e miglior prestazione mondiale sulle 2miglia. In casa azzurra, la grande attesa per l’esordio stagionale sui 100m del campione olimpico Marcel Jacobs si è trasformata in delusione, visto il settimo posto ottenuto con un modesto crono di 10”21. Sportface ha analizzato la serata con Paolo Vialardi, grande appassionato di atletica, un passato da mezzofondista veloce con tanto di titoli giovanili sugli 800m e 1500m e un presente da allenatore.
Buongiorno Paolo, per una persona che vive di atletica e di corsa da quasi 40 anni, che cosa significa vedere un meeting come quello di Parigi?
“Senza dubbio un’emozione incredibile. Io amo ripetere che il mondo della corsa sia il più democratico che esista. C’è spazio per tutti, ma quando si possono vedere all’opera i fenomeni, pochissimi, è qualcosa di straordinario. Peccato che l’atletica sia diventata negli anni quasi uno sport di nicchia, perché a Parigi, per due ore, abbiamo assistito ad uno spettacolo degno di rassegna olimpica”.
Addirittura?
“Beh, è sufficiente analizzare alcune gare per convenirne. I 5000m femminili sono stati pazzeschi: io sono convinto che molti atleti italiani uomini professionisti avrebbero avuto difficoltà a competere le donne. I 3000m siepi maschili sono stati vinti con un crono di 7’52’’ circa: questo è un riscontro cronometrico che solo i grandi Top possono raggiungere”.
Parliamo anche della gara sugli 800m femminili. La Hodginson ha vinto in 1’55’’88. Il personal best di gioventù di Paolo Vialardi è 1’54’’5, quindi in questo caso ci sarebbe stata competizione.
“Non credo proprio (ride, ndr). Se è vero che il crono della Hodginson è stato circa 1’’ più alto del mio personal best, il suo finale è stato pazzesco, pura poesia. Con un finale del genere, non sarei mai riuscito a batterla. Mi sono davvero emozionato a vedere questa gara. Per tornare al 5.000m femminile di cui abbiamo parlato prima, visto il ritmo impresso alla gara, posso tranquillamente affermare che mi sarei dovuto fermare dopo nemmeno 2km (ride, ndr)”.
Veniamo alle note dolenti della serata, ovvero alla prova di Jacobs. Inutile dire che i segnali non siano stati incoraggianti. C’è chi comincia a parlare di parabola discendente.
“Io aspetterei un attimo prima di dare giudizi definitivi. L’Atletica mi ha insegnato come spesso occorra guardare l’intero percorso e non la singola tappa”.
Ovvero?
“Certamente la prova di Parigi è stata opaca. Jacobs arriva da un periodo complicato. Le distrazioni, giuste ed inevitabili, post vittoria olimpica, certamente lo hanno condizionato. A ciò vanno aggiunti i vari micro-infortuni che lo stanno tormentando e che per un velocista della sua età sono a mio avviso del tutto normali, soprattutto vista la sua longevità atletica. Al netto di queste considerazioni, però, se all’esordio stagionale, in ritardo di condizione ed in una gara corsa controvento, si riesce a fare 10’’21, significa che la situazione non è catastrofica. Non mi sembra che i suoi avversari, certamente più avanti di lui dal punto di vista atletico in questo momento e già nel pieno della stagione con almeno 5-6 gare nelle gambe, abbiano fatto cose strabilianti”.
Nella seconda metà di Agosto ci sono i Mondiali.
“Esatto. Ci sono due mesi e mezzo abbondanti di lavoro davanti. Secondo me, se si risolvessero i contrattempi fisici, Jacobs potrebbe recitare ancora un ruolo da protagonista e conquistare la finale. Altro che parabola discendente”.
Le finali Jacobs è abituato a vincerle…
“Molti hanno la memoria corta. Jacobs ha una grande personalità ed ha dimostrato di essere un campione. Una delle differenze tra un campione ed un atleta per così dire normale è che il primo trova spesso le risorse per sovvertire i pronostici anche più avversi. Lo ripeto, se risolve i suoi problemi fisici, possiamo ancora vederne delle belle. E comunque un Jacobs finalista che lotta per il titolo senza per forza raggiungerlo, sarebbe una sconfitta? A mio avviso, no”.