L’ex arbitro di Serie A Claudio Gavillucci, commenta ai microfoni di Rai Radio 1 la decisione dell’arbitro Di Bello di concedere un rigore all’Inter nella gara contro l’Udinese: “Per me non era calcio di rigore. Non lo era in campo e tantomeno era passibile di una chiamata al Var. Probabilmente, e questo perché siamo uomini, potrebbe aver inciso quello che era successo a Bologna con lo stesso Di Bello pochi mesi fa. L’uniformità di giudizio è l’Eldorado degli arbitri, è la cosa più difficile da raggiungere sia all’interno di una stessa partita che all’interno di un campionato“. Si torna a parlare del rigore non concesso al Bologna contro la Juventus durante la seconda giornata di campionato: “La risposta è più semplice di quello che potremmo pensare. E’ un errore. E’ un errore prima in campo, perché per dinamica e casistica quella tipologia di intervento è quasi sempre rigore, e quindi l’arbitro avrebbe dovuto fischiare. E poi c’è l’errore avallato dal Var che non ha valutato nella maniera corretta la possibilità di richiamare il collega al Monitor. Purtroppo se la tecnologia viene utilizzata da uomini ci saranno sempre errori, anche clamorosi, come questo“.
Sull’introduzione del Var e l’iniziale critica del mondo arbitrale: “E’ un problema di evoluzione psicologica. Di quello che un arbitro fino a quel momento era stato abituato a fare, andando dritto nelle proprie convinzioni fino al 90esimo anche a fronte di un chiaro errore che aveva percepito di aver commesso… rispetto a quello che accade oggi, dove 5 secondi dopo aver fischiato un calcio di rigore si viene richiamati da un collega e ci viene chiesto di rivedere la propria decisione. E’ una bomba psicologia: un aiuto dal punto di vista tecnico ma anche una bomba psicologica che deve essere gestita da esperti. Bisogna lavorare sulla testa degli arbitri“.