Compie 50 anni e piazza la stoccata. Mario Cipollini, il re Leone del ciclismo italiano, sfora il mezzo secolo d’età ed entra a gamba tesa sul ciclismo italiano. In un’intervista a Il Giornale, il vincitore di 42 tappe al Giro d’Italia (record assoluto), di 12 al Tour de France, di una Milano-Sanremo, di tre Gand-Wevelgem, di un Mondiale nel 2002, lancia l’allarme: “Il nostro ciclismo è morto. Ci resta soltanto Vincenzo Nibali, l’unico vero campione: il più sottovalutato dell’intero movimento”. Cipollini evita di nominare Fabio Aru, corridore della Astana, da tutti considerato l’astro nascente delle due ruote italiane: “Deve dimostrare di esserci. Se c’è, deve battere un colpo” – ha commentato l’ex corridore della Saeco e dell’Acqua e Sapone, imprenditore nel settore delle biciclette.
Cipollini, che è stato uno dei corridori più vincenti del ciclismo italiano, traccia un bilancio della sua vita e della sua carriera: “A 50 anni, non ho più rapporti con la mia ex moglie Sabrina, i miei migliori amici sono il mio avvocato e Moreno, un 77enne lucchese. Ho due figlie splendide, un nipote che è un piccolo talento della bici e vuole sempre correre con suo zio. Il compagno di squadra che mi è rimasto fedele è Mario Scirea, direttore sportivo dell’UAE Emirates, mentre non vado d’accordo con nessuno dei miei avversari”.
Sui rimpianti, Cipollini non ha dubbi: “Quello più grande è non aver terminato un Tour de France. Quando ho assistito alla premiazione di Nibali sotto l’Arco di Trionfo ho capito la magia di quella passerella finale. E poi, mi manca tanto Marco Pantani: avrei voluto portarlo in squadra con me, ma non è mai stato possibile”.
Il Re Leone, comunque, guarda avanti, alle prossime sfide da vincere: “Ho una causa da vincere contro La Gazzetta dello Sport e poi vorrei equipaggiare un Team World Tour con le mie biciclette”.