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Alla decima tappa il Giro d’Italia ha perso uno dei suoi protagonisti più attesi. Al km 66 dei 219 previsti, Mikel Landa ha abbandonato la Corsa Rosa, a causa di una gastroenterite virale che pare averlo colpito durante il giorno di riposo, e i cui sintomi hanno iniziato a manifestarsi nella notte. Il leader del Team Sky, reduce dalla sorprendente prestazione nella prova contro il tempo di domenica, si è presentato comunque alla partenza, fiducioso che il malessere notturno fosse passeggero; ma, già sulla prima salita, purtroppo Landa ha dovuto alzare immediatamente bandiera bianca. Così – mentre le ruote dei rivali di classifica si allontanavano – il basco ha visto sfumare qualunque sogno di gloria, per una corsa che costituiva il suo grande obiettivo stagionale e che certamente l’avrebbe visto duellare alla pari con Nibali, Valverde e compagnia sul suo terreno prediletto, la montagna. Il Team Sky perde così il proprio atleta di riferimento, ingaggiato lo scorso inverno proprio per puntare alla conquista della corsa che nel 2015 lo vide grande protagonista, con due bellissime vittorie di tappa e un posto sul terzo gradino del podio che aveva lasciato in lui un certo rammarico.
Una corsa, il Giro d’Italia, nella quale fino a oggi la corazzata britannica – dominatrice di tre degli ultimi quattro Tour de France – non ha mai brillato particolarmente. Anzi. Era il 2013 quando Bradley Wiggins – vincitore, l’estate precedente, del Tour de France – si presentava al via del Giro dividendosi i favori del pronostico con un Vincenzo Nibali ancora a caccia della consacrazione in patria. Ma, mentre lo Squalo dello Stretto avrebbe rispettato le attese senza mai veder messa in discussione la propria superiorità, il Baronetto di Sua Maestà sarebbe presto uscito di scena, ritirandosi a causa delle condizioni climatiche avverse e delle difficoltà di un tracciato, quello del Giro, che sfugge alle logiche di controllo tanto care alla Sky (e che ben si confanno, invece, a una corsa meno imprevedibile quale il Tour de France).
Meglio non andò l’anno scorso, quando deputato alla conquista della maglia rosa per il team di Dave Brailsford era il tasmaniano Richie Porte; quest’ultimo, peraltro, accomunato al Landa di quest’anno dal fatto di essersi presentato al via della Corsa Rosa con la vittoria del Giro del Trentino come (fallace) biglietto da visita. Partito con l’ambizione di contendere ad Alberto Contador e Fabio Aru la vittoria finale, la partecipazione di Porte al Giro 2015 si ricorda soprattutto per la singolare – e famigerata – decisione di alloggiare nel motorhome della squadra (anziché in albergo come qualunque altro suo collega), oltre che per aver ricevuto soccorso – non consentito dal regolamento – da un avversario in seguito a un incidente meccanico; un episodio, questo, che gli costò due minuti di penalità e segnò di fatto la fine delle sue ambizioni di classifica, prima dell’immancabile ritiro dalla corsa.
L’abbandono di Mikel Landa, dunque, non è che l’ultimo capitolo di una storia, quella del Team Sky al Giro d’Italia, fatta di cocenti delusioni e ben poche soddisfazioni, specie se rapportate allo strapotere che lo squadrone britannico ha sovente messo in campo nelle ultime edizioni del Tour de France. Vuoi per la sfortuna (come quella che ha colpito il povero Landa), vuoi per i limiti spesso palesati nell’approccio dei britannici alla corsa di casa nostra, neppure quest’anno il leader designato del Team Sky alzerà il “Trofeo Senza Fine”, né concluderà il Giro.