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Barcellona, Xavi: “Ciò che dice la stampa influenza il gioco, i giovani avvertono tensione”

Xavi
Xavi, Barcellona - Foto LiveMedia/Ricardo Larreina/DPPI

Il tecnico del tecnico del Barcellona Xavi parla dopo la vittoria per 2-1 con l’Alaves: “Abbiamo concesso troppo. Ci è già successo, volevamo iniziare con un’azione verticale, Gundogan ha perso palla e si è generata una transizione, che era quello che cercavano, ci crea instabilità subire gol dopo 18 secondi. Questo è inaccettabile, questo ci costa, creiamo occasioni e facciamo gol, ma stiamo concedendo troppo, poi dobbiamo remare il doppio. Siamo bassi, non nel nostro momento migliore, ma abbiamo vinto due gare di fila ne LaLiga. Ho detto ai ragazzi di calmarsi, di giocare a calcio… Io sto bene e, se mi vedono tranquillo, loro lo sono. Erano troppo tesi per quello che si genera intorno, tutto questo fa sì che non giochino liberi. Fischi? Non li ho sentiti, eravamo lì per incoraggiare i giovani. La squadra ha avuto una mentalità ordinaria, quello che dice la stampa influisce sul gioco della squadra, è così. Generano scenari non reali, questo incide“. Xavi conclude: “Mi è successo, si genera negatività, però nella seconda parte non è stato così. Sono troppo influenzati da ciò che si dice intorno a loro. A me non riguarda, non gioco a calcio, non mi innervosisco. Mi hanno detto che ero il cancro del Barça ed eccomi qui. Questi giocatori meritano credito. Siamo cattivi, ma abbiamo giocato una partita che è diventata molto brutta. Apprezzo la personalità. Non la vedo mai nera, cerco soluzioni ai problemi per far divertire i giocatori, ma è difficile. La pausa potrebbe essere positiva per noi. L’anno scorso eravamo messi peggio. I più giovani sono colpiti da tutto ciò che viene detto. Dobbiamo proteggerli. Quando vedi le facce le vedi… E penso che ci vuole tranquillità, ma fuori non ce n’è. Cerco di trasmettere calma. I giovani avvertono una tensione che un mese fa non c’era, non è facile, serve cambiare la dinamica, c’è un nervosismo esagerato nell’ambiente. Ero più molle che mai all’intervallo, la squadra aveva bisogno di affetto”.

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