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“Potrei parlare di quanto un atleta si debba sacrificare, eppure, riguardando i miei successi, il frammento che più mi emoziona è l’immagine di quando all’arrivo abbraccio il mio compagno ‘Fausto’ Desalu. In quell’abbraccio c’è il significato di quello che per me è lo sport. Quando ripenso alla gara, non ripenso alla corsa in sé, ma a quando ho tagliato il traguardo e con lo sguardo cercavo in tribuna tutte le persone che mi vogliono bene e che mi hanno portato a correre quella gara. È stato l’unico momento in cui ho pianto per l’atletica”. Così Filippo Tortu, oro olimpico a Tokyo 2020 nella staffetta 4×100, in occasione dell’incontro con il Cardinale José Tolentino de Mendonca, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, nell’ambito dell’iniziativa “Quando lo sport ti fa più nobile”, organizzata da Athletica Vaticana.
“Ho sempre pensato che lo slogan ‘l’importante non è vincere ma partecipare’ fosse da perdenti, ma vivendo prima la grossa delusione nella mia gara (settimo posto nella propria semifinale) ho capito che la cosa più importante era stato l’aver dato tutto me stesso, l’aver condiviso un percorso con altre persone, l’essere orgoglioso di aver dato tutto per essere lì in quel momento. E questo mi ha aiutato poi nella gara successiva ad andare ancora più veloce, e per fortuna poi è andata bene”.
E ancora: “L’atletica è uno sport individuale, effettivamente corri da solo. Ma in realtà quando scendi in pista sei la sintesi di un lavoro che comprende tantissime persone. A partire dal tuo allenatore, poi la tua squadra, i dirigenti… E quindi ci sono tante persone che ti hanno messo nelle migliori condizioni possibili per arrivare in pista ed essere il migliore in tutto. Devi avere la responsabilità di capire che se vai male, non vai male solo tu, ma vanifichi anche il lavoro di altre persone. È il motivo per cui una gara come la staffetta, in uno sport individuale, sia un grande esempio di sport di squadra, perché ognuno dà il proprio contributo nella stessa misura degli altri compagni. Vuoi metterti in gioco soprattutto per i compagni, vuoi far bene per far stare bene loro. Volevamo vincere, e lo volevamo fare di squadra”.
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