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Quest’oggi ricorre il 50esimo anniversario della strage avvenuta nel villaggio olimpico di Monaco ’72, quando un commando dell’organizzazione terroristica palestinese Settembre Nero riuscì ad entrare negli alloggi destinati agli atleti palestinesi, compiendo un autentico massacro. Dopo aver ucciso due atleti che avevano provato ad opporre un’iniziale resistenza, altri nove vennero presi in ostaggio; nel successivo intervento delle forze dell’ordine, morirono anche questi ostaggi, oltre a cinque terroristi e un poliziotto. Klaus Dibiasi, che proprio poche ore prima aveva vinto l’oro nei tuffi, ha ricordato quei momenti ai microfoni di LaPresse: “Fu una storia triste, i tedeschi non erano preparati, a partire dalla polizia. Dopo l’attentato, riflettei sulla poca attenzione che, in effetti, veniva posta sugli ingressi nel villaggio. Si poteva far entrare chiunque, bastava scambiarsi una giacca di una delle delegazioni. Da lì tutto è cambiato, dalle edizioni successive dei Giochi c’era molta più attenzione. Ad esempio, già a Montreal nel 1976 si viaggiava su dei bus con le strade blindate, a Mosca nel 1980 poi c’erano controlli serrati con due posti di blocco”.
Nonostante la tragicità dell’evento, il Cio deciso di riprendere la competizione dopo un giorno di stop, organizzando una cerimonia di commemorazione delle vittime. Secondo Dibiasi, si trattò di una scelta corretta: “Ritengo giusto che le Olimpiadi del 1972 siano continuate. Anche il grande Mark Spitz, che era di origini ebree e venne portato via in elicottero, disse che non si doveva darla vinta agli attentatori e che le gare dovevano andare avanti”.
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