Per il sesto anno consecutivo (e l’ottava volta complessiva nella sua carriera), Agnieszka Radwanska si è qualificata per le WTA Finals. Questa volta ci torna non solo come detentrice del titolo, ma anche come la giocatrice più in forma dagli Us Open ad oggi e quindi come probabile favorita, assieme alla Kerber.
La polacca è consapevole delle difficoltà che la attendono: “Non sarà facile difendere il titolo, ma questo è il mio obiettivo. Sarà interessante, stimolante affrontare giocatrici nuove, diverse in questo contesto”. Tuttavia, la numero del 3 del mondo, ha dalla sua l’ennesima stagione consistente e di alto livello: costanza di rendimento, tante partite vinte – ben 51 su 67 giocate, il 76% totali – 3 titoli e secondo posto nella Race annuale (terzo, considerando la Williams). Una Radwanska maggiormente concreta e vincente, rispetto al passato: “Si sa, il tennis è uno sport molto combattuto” – ha dichiarato recentemente – “a volte si perde a causa di un paio di punti. Ora quei punti li sto vincendo più spesso, alla fine della giornata sono io quella che vince quelli chiave. Non si tratta di cambiare qualcosa di grande a livello di gioco, ma di essere molto concentrati nei momenti più importanti e credere in sé stessi”. Concretezza e successi derivanti anche da una programmazione migliore, più mirata e disciplinata, che l’ha portata a giocare meno tornei, specie sulla terra. Alla fine questa strategia ha pagato e ha dato i suoi frutti.
Unico tasto dolente? Anche quest’anno, è mancata la consacrazione definitiva, quel titolo Slam inseguito da troppo tempo. Tuttavia, a livello Major, è stata comunque un’annata positiva: Agnieszka è una delle sole quattro giocatrici che ha raggiunto ALMENO gli ottavi di finale in tutti e quattro i tornei Slam. Agli Australian Open – dopo aver battuto, tra le altre, Eugenie Bouchard e Carla Suarez Navarro – è arrivata in semifinale (la quinta in carriera, a livello Slam) cedendo un solo set, e lì si è arresa a Serena Williams, che l’ha spazzata via con un netto 6/0 – 6/4.
“Solo” ottavi di finale, invece, a Parigi, Wimbledon e New York, dove, pur scendendo sempre in campo da favorita, non è mai riuscita ad andare oltre: al Roland Garros è stata sconfitta in tre set (6/2 – 3/6 – 3/6) dall’allora numero 102 del mondo Tsvetana Pironkova; sull’erba londinese è stata eliminata – al termine di uno dei match più entusiasmanti dell’anno, chiusosi 9/7 al terzo – da Dominika Cibulkova; mentre a Flashing Meadows è uscita di scena battuta da Ana Konjuh, che con un doppio 6/4 ha messo fine anche alle sue possibilità di diventare numero 1 Wta (cosa che si sarebbe concretizzata se avesse vinto il torneo).
La partita con la Konjuh, nonostante le sue proteste per il tetto chiuso solo per timore della pioggia, ha avuto comunque risvolti positivi nella stagione di Aga, come lei stessa ha riconosciuto in seguito: “A New York non arrivo mai fino in fondo, solitamente esco presto di scena. Alla fine questo mi dà più tempo per riposarmi e preparare al meglio la tournée asiatica, di sicuro la parte più difficile della stagione”. Probabilmente, è proprio a grazie a questo riposo “forzato” che la polacca ha brillato (anche quest’anno) in Asia: alla fine ha vinto 11 partite sulle 14 giocate, e si è laureata campionessa a Pechino, portandosi a casa il terzo Premier Mandatory della sua carriera.
Il titolo a Pechino è arrivato al termine di una cavalcata brillante: neppure un set ceduto alle rivali (giocatrici del calibro della super-in forma Wozniacki) e finale vinta ai danni della Konta, che proprio in quei giorni faceva il suo ingresso in Top10.
In terra cinese era arrivata anche la sua prima affermazione dell’anno, a Shenzhen, torneo vinto a gennaio battendo in finale la statunitense Alison Riske. Dopo Shenzhen ha vinto anche New Heaven, battendo la Kvitova in semifinale (con un doppio 6/1) e la Svitolina in finale (6/1 – 7/6). Impressionante questo dato: nei tre tornei vinti, 30 set vinti su 30 giocati, nemmeno uno lasciato alle giocatrici avversarie. Dando un’occhiata al resto della sua stagione, possiamo vedere come il bilancio sia tutto sommato buono: spiccano la semifinale a Doha, quella sul cemento californiano di Indian Wells (anche qui eliminata dalla Williams in due set), l’ottavo di finale a Miami (dove, dopo aver vinto il primo parziale, fu rimontata e battuta dalla Bacsinszky), la semifinale a Stoccarda (dove si arrese alla sorpresa del torneo Laura Siegemund), il quarto di finale a Eastbourne (battuta dalla Cibulkova in due set), l’ottavo di finale a Montreal, il quarto di finale a Cincinnati (dove ha perso 7/5 – 6/1 dalla Halep), la semifinale a Tokyo (nel quale ebbe la meglio, dopo tre combattutissimi set, Caroline Wozniacki) e il quarto a Wuhan (dove è stata eliminata in tre set dalla Kuznetsova).
Male invece a Madrid, dove è uscita al primo turno (battuta un’altra volta, la terza dell’anno, dalla Cibulkova), e ai Giochi Olimpici (dove a sorpresa è stata eliminata da Saisai Zheng). Di sicuro, a Singapore, la Radwanska darà ancora una volta sfoggio del suo tennis sì poco potente, ma molto vario; è risaputa la sua capacità di vincere i punti più complicati usando l’intelligenza tattica, anticipando le avversarie e prolungando gli scambi in modo vario, con dropshot ben mascherati, colpi slice e lob. Grazie a queste particolarità, negli anni si è guadagnata l’appellativo di “maga” o “professoressa”. E proprio in riferimento a questo soprannome, recentemente ha dichiarato: “Mi piace davvero tanto. Credo sia un termine utilizzato dai coaches spagnoli o italiani. È piacevole essere chiamata in questo modo: significa che sto giocando davvero un tennis bello, perfetto”.
Al di là del risultato che otterrà nella capitale asiatica, è già sicura di chiudere l’anno in Top 10: sarà la sesta volta consecutiva.