Pur essendoci già ampiamente soffermati sul personaggio tennistico dell’anno, la storia di Marcus Willis merita di essere approfondita in ogni sua sfaccettatura. La partita contro Roger Federer è stata uno spot inusuale per il Centre Court, da sempre celebrato per l’atmosfera di surreale religiosità, ieri trasformato in arena da concerto, elettrizzata e trascinata dal ragazzo con la pancetta sporgente.
È impossibile trovare un giocatore più amato di Roger Federer. Ovunque vada il pubblico acclama il suo nome ed esulta per le sue prodezze. I campi di Wimbledon non fanno eccezione, anzi. Roger qui ha vinto sette volte, giocato dieci finali. Persino le sorelle Middleton son rimaste stregate dalla sua eterna classe, tanto da presentarsi spesso sul Campo Centrale per ammirarne le gesta. Solo una volta, a memoria d’uomo, il fuoriclasse di Basilea ha subito un composto tifo contro. Nella finale del 2012 contro Andy Murray, quando l’estrema urgenza di riconsegnare il trofeo nelle mani di un britannico aveva messo in secondo piano le ambizioni di record dello svizzero. Ma anche allora il pubblico inglese aveva conservato il suo proverbiale aplomb, esultando per il proprio beniamino, ma limitandosi a gioire sotto i baffi in occasione degli errori dell’elvetico.
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Mai come quest’oggi, invece, Federer è stato addirittura sommerso da boati di approvazione per un rovescio affossato in rete o per un dritto spedito largo in corridoio. La storia del suo avversario, Marcus Willis in arte “Cartman” (personaggio di South Park noto per il suo sovrappeso), ha sbriciolato i cuori anche dei più insensibili. Sin dall’ingresso in campo, l’inglese si presenta con fare baldanzoso, esponendo un sorriso da bambino al parco-giochi. Dentatura ben curata, non c’è dubbio. Jennifer, fidanzata di professione e dentista per passione, sembra non aver lasciato nulla al caso. Difficile ipotizzare, invece, che nella famiglia Willis abbondino i nutrizionisti. Marcus nasconde sotto una maglia RF extra-large qualche hot dog di troppo, e anche sugli spalti la sorella e i genitori non mostrano il phisique du role degli assidui frequentatori di palestre. Ciononostante, Willis sembra essere a suo agio, ma accenna un ulteriore balletto d’incoraggiamento prima del palleggio con l’idolo della sua infanzia (e della sua maglietta). Si capisce che l’atmosfera sia carnevalesca sin dai primi 15. L’inglese fomenta il pubblico del Centrale con back dal copyright esclusivo e con demi-volée con annessa riverenza al cospetto del Re. Ogni suo punto produce un’ovazione da vittoria Mondiale, ma occorre aspettare una buona mezz’ora e l’inizio del secondo set per celebrare il primo game. Dritto da una parte, Federer dall’altra, lo stadio esulta fino a far tremare il tetto, chiuso per rendere ancor più romanzesca l’atmosfera da mille e una notte. Inutile dire che nel suo box festeggino saltando e gridando, già lo facevano dal primo punto dell’incontro. La gente è totalmente trascinata. Persino Roger appare dispiaciuto di dover conquistare i punti. Quando Willis sbaglia una comoda volée di chiusura, Federer scuote il capo dispiaciuto, anche lui sedotto da una storia così romantica. Non abbastanza però da trascurare i suoi doveri sul campo. Man mano che la partita prosegue, il pubblico non smorza il suo entusiasmo, accompagnando con cori da stadio i cambi di campo dei giocatori. Ma a svanire progressivamente è il sorriso genuino che Willis ostentava a inizio match. La favola si avvicina alla conclusione e un po’ di malinconia comincia a turbarne i pensieri. Federer ottiene il break decisivo nel terzo set, e fa proprio il match nel game successivo. Roger corre verso la rete ad abbracciare il suo avversario, ribaltando il rapporto ammirato-ammiratore che l’ha sempre visto indossare i panni del protagonista. Ma stavolta, è Marcus Willis al centro della scena. Mentre l’inglese firma i primi autografi della carriera nel campo più prestigioso al mondo, i genitori si abbracciano teneramente in tribuna, commossi dalla favola che il figlio si appresta a consegnare alla storia. Nel frattempo, Federer ha già fatto rientro negli spogliatoi. Per una volta, anche lui può recitare un ruolo da comparsa.