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Nel 2005, Woody Allen portava nelle sale cinematografiche di tutto il mondo il suo celebre “Match point”. Narra la storia di un ragazzo di origini irlandesi, Chris Wilton, da poco ritirato dal circuito professionistico, che viene assunto in un circolo londinese per lavorare come maestro di tennis. In quell’anno, Marcus Willis aveva solo 14 anni, e inseguiva sui campi dietro casa il sogno di diventare tennista professionista e rappresentare il suo Paese sul campo Centrale di Wimbledon. A distanza di 11 anni, le fantasie adolescenziali si scontrano con la dura realtà: numero 772 al mondo, il 25enne inglese è ai confini estremi del professionismo.
La sua storia sembra ripercorrere esattamente il destino del protagonista di “Match point”. Dagli Stati Uniti giunge l’invito a lavorare come istruttore di tennis in un circolo privato di Philadelphia. Willis accetta con rassegnazione. Le casse languono e, non più giovanissimo, il sogno inseguito da bambino sembra ormai essere tramontato. Ma improvvisamente irrompe nella sua vita una giovane dentista, Jennifer Bate, conosciuta in occasione di un concerto. I due si fidanzano, e la ragazza convince Marcus a cambiare idea, a inseguire ancora la via del professionismo. Il prize-money della stagione di Willis si limita però a 258 sterline racimolate grazie a un quarto di finale Future raggiunto in Tunisia. Appena sufficienti per il viaggio di ritorno in Inghilterra. Si apre un piccolo spiraglio di luce quando il connazionale David Rice è costretto a rinunciare alle pre-qualificazioni di Wimbledon, mini torneo che mette a disposizione dei giocatori britannici qualche wild card per disputare le qualificazioni dello Slam londinese. Willis entra così in tabellone, ma, privo di sponsor tecnico, si presenta alla prima partita come il più classico giocatore da circolo, con una polo griffata RF. Sorprendentemente, vince tre incontri consecutivi, centrando l’agognata wild card e guadagnando in meno di una settimana più di quanto guadagnato in un’intera carriera.
Ma il sogno di varcare i cancelli di Church Road è ancora distante. Le qualificazioni del tabellone maschile si disputano infatti nella vicina Roehampton, dove il ragazzo inglese supera clamorosamente la testa di serie numero 4 Sugita, il focoso talento Rublev e un altro russo di belle speranze, Daniil Medvedev, che tra i tre è il giocatore dal ranking più basso, ma che comunque lo precede in classifica di oltre 500 posizioni. Willis accede così al tabellone principale dei Championships. Da carneade a eroe nazionale. Viene sorteggiato contro Ricardas Berankis, ex grande promessa del tennis lituano che da anni costruisce la sua classifica frequentando con successo il circuito Challenger (è l’attuale numero 54 del mondo). Come trasportato all’interno del suo sogno, l’inglese volteggia nel campo con sensazioni di onnipotenza, non curante della pancetta poco professionistica che emerge sotto la maglia.
Tra volèe old style e dritti mancini sulle righe, Willis vince l’incontro in tre set, e in un misto di incredulità e pazza gioia festeggia la vittoria più esaltante della sua carriera (sogni notturni compresi). Bacia Jennifer, alla quale sarà eternamente debitore. Salta e grida con gli amici che affollano le tribune. I giornalisti lo circondano. Con buona pace di Andy Murray, Marcus Willis è il tennista più chiacchierato del Regno Unito, almeno per un giorno. Si chiude così una delle pagine più epiche della storia recente di questo meraviglioso sport. Un’impresa leggendaria da raccontare anche… Ah no, dimenticavo. Mercoledì, il maestro di tennis Willis affronterà il Maestro Roger Federer sul campo Centrale di Wimbledon, nel secondo turno più surreale che un tabellone Slam abbia mai disegnato. Sarebbe bello potesse indossare quella polo RF, con cui tutto è cominciato e tutto (verosimilmente) finirà. Intanto, dall’altra parte del mondo, il circolo di Philadelphia prepara un consistente aumento per accaparrarsi l’esclusiva sulle sue lezioni, mentre Woody Allen, improvvisamente ispirato, scrive la sceneggiatura del suo nuovo film.