Finché non vedremo Andy Murray calcare l’erba del Centrale di Wimbledon 2024 per il suo match di primo turno contro Tomas Machac, l’uso del condizionale è d’obbligo. Rispetto a una settimana fa – quando il suo forfait sembrava scontato -, però, tutto lascia pensare ad una ‘last dance‘ del tennista di Dunblane in quello che è stato il torneo che l’ha consegnato alla storia. Andy Murray se la meritava un’ultima apparizione a Wimbledon, un addio al suo pubblico per ricevere i meritati applausi e per rendere omaggio a un giocatore spesso bistrattato perché inferiore ai Big Three ma che nel suo paese è un eroe nazionale.
L’apice della sua carriera non può che essere il 2013, quando sconfisse in finale di Wimbledon Novak Djokovic e diventò il primo tennista britannico dopo 77 anni a trionfare nello Slam londinese. Pur non avendo mai rinnegato le proprie origini scozzesi, Murray è stato adottato da un’intera nazione, diventando semplicemente ‘sir Andy’. E poco importa che in bacheca abbia “solo” 3 Slam contro i 20 e passa degli altri tre fenomeni con cui ha condiviso un’era. Una vittoria, due in realtà , a Wimbledon hanno infatti un valore inestimabile, ma soprattutto si aggiungono a due medaglie d’oro ai Giochi Olimpici, una vittoria alle Atp Finals (sempre in quel di Londra) e ben 41 settimane in vetta al ranking Atp.
Poi un calo fisiologico, dopo aver spinto a tutta per salire al primo posto delle classifiche, e un ritorno che non si è mai concretizzato, se non con qualche buon risultato qua e là . Una carriera persino più lunga di quanto a un certo punto si pensasse – celebri le lacrime in conferenza in Australia dopo la sconfitta con Bautista – ma che ora sembra essere definitivamente arrivata al termine. Il ritiro sembra poter arrivare da un momento all’altro e, se non saranno le Olimpiadi di Parigi (dove giocherà singolare e doppio), l’impressione è che comunque non manchi molto (magari gli US Open, altro Major che ha vinto). Poco male visto che Andy Murray non ha più nulla da dimostrare e, nonostante la concorrenza con cui ha dovuto fare i conti nel corso della sua carriera – si è tolto tante belle soddisfazioni.
Un amore per il tennis smisurato, che lo ha portato a continuare a competere malgrado un anca in metallo e la consapevolezza che rivivere i giorni d’oro sarebbe stato pressoché impossibile. Ma anche un amore immenso da parte della (sua) gente, che lo ha applaudito a scena aperta e se lo è goduto il più possibile visto che – quando accadrà – la sua mancanza si sentirà eccome. E allora, anche se il torneo di Wimbledon non sarà l’ultimo della sua carriera, preparate i fazzoletti perché si toccheranno picchi di emozione probabilmente ineguagliabili. La carriera di quello che è stato il miglior giocatore britannico dell’Era Open sta per volgere al termine, si sta chiudendo un cerchio: siamo davvero pronti?