In un’edizione di Wimbledon priva di russi e bielorussi, caratterizzata dall’assenza di punti da difendere, lacerata in corso d’opera dal forfait di Berrettini e dal ritiro di Nadal, la finale tra Djokovic e Kyrgios non può che rappresentare una promessa di tennis. A dispetto del ‘bromance’ decantato dall’australiano, si affrontano infatti due tennisti che incarnano due poli opposti della concezione dell’essere atleta. Nick è una maschera: quel ragazzo che millanta una durezza esteriore palesemente in contrasto con la fragilità di chi pratica questo sport più per non mandare alle ortiche un vero talento che per vera passione.
Dall’altra parte c’è il serbo, un cannibale che a Londra si nutre di sangue avversario dal 2017, quando un infortunio lo costrinse al ritiro nei quarti di finale contro il ceco Tomas Berdich. Da lì sono arrivate ventisette vittorie consecutive e tre titoli di fila su quel Centrale che oggi potrebbe vederlo agganciare a sette Wimbledon due leggende come Willliam Renshaw e Pete Sampras (meno uno dal capolista Roger Federer). Il rapporto con il bad boy aussie non è stato sempre così ‘amichevole’. Due anni fa Kyrgios definì l’ex numero uno del mondo un ‘tonto’ per aver organizzato l’Adria Tour ed il conseguente focolaio Covid-19 nei Balcani. Lo scorso gennaio non ha esitato a definirlo ‘pupazzo’ di fronte alla sua richiesta di partecipare agli Australian Open con un’esenzione dal vaccino.
Poi il ritorno sui propri passi. Nick è stato l’unico a difendere Nole quando gli amici in quel di Melbourne erano rimasti veramente in pochi. Da lì si è guadagnato il rispetto di Djokovic. Tra siparietti social, tag nelle storie instagram e battute sul campo d’allenamento, i due sono pronti a regalarci spettacolo non prima delle ore 15:00 italiane. Partiamo da un fattore. Al di là di cosa pensino gli altri, a Kyrgios non ha fatto bene non aver giocato la semifinale contro Rafael Nadal. Un giocatore come lui ha bisogno di essere pungolato, tenuto sul pezzo, se vogliamo non fatto pensare. Il forfait dello spagnolo a Wimbledon invece, oltre a fargli inevitabilmente calare la tensione agonistica, lo avrà coinvolto certamente in un vortice complicato da metabolizzare.
Difficile da credere che in questi tre giorni non abbia riflettuto seriamente sul fatto che a ventisette anni giocherà la sua prima finale Slam in carriera. Le conferenze stampa, le frasi da copertina nei confronti di Nole, sono solo dei segnali lampanti di un ragazzo che a scuola ti ruba la merenda alle macchinette ma che in realtà dentro di sé sta celando una tensione mai avvertita prima. Per essere pienamente veritieri, tuttavia, bisogna dirlo. Se c’è un tennista che può interrompere il dominio di Djokovic nello Slam londinese, quello è proprio l’australiano. Pazzo a volte, geniale ad intermittenza, il suo gioco è quanto si possa chiedere per tenere in pensiero il serbo su una superficie come l’erba.
La sua attitudine a comandare dall’inizio il punto può rappresentare una bella seccatura per il venti volte campione Slam. E poi inevitabilmente c’è quel dato. Il numero quaranta del mondo è uno di quei pochi tennisti viventi ad avere un bilancio positivo negli scontri diretti contro Nole. C’è da dire che quelle due sconfitte di cinque anni fa (Indian Wells ed Acapulco) non hanno fatto altro che ribadire l’annus horribilis del serbo, conclusosi anzitempo proprio a Wimbledon a causa dell’infortunio al gomito e senza vincere alcuna prova del Grande Slam. Molto difficile che Nole pensi a quei confronti in un palcoscenico come quello odierno. Su questo campo è in grado di raggiungere picchi di disumanità sconosciuti persino ad uno come lui.
Quel disappunto aleggiante quando commette dei passaggi a vuoto va di pari passo con un’inesorabile e perpetua sensazione che non potrà mai perdere. Lo ha confermato con Sinner, lo ha ribadito con Norrie, un match poco brillante ma di un’efficacia letteralmente imbarazzante. Kyrgios, però, appare mentalmente pronto ad un’impresa di questo tipo. L’abbiamo detto dall’inizio. Da quando mette piede a Wimbledon lascia dietro di sé tutti gli atteggiamenti bambineschi che possono deconcentrarlo per focalizzarsi su un solo obiettivo. Questo, anche nei momenti di sconforto tennistico, lo ha sempre ritenuto alla sua portata.
Ci è voluto un team paziente, una ragazza che probabilmente faranno santa (l’ex lo ha convocato a Canberra di fronte al giudice per violenze al termine di Wimbledon) ed un’atmosfera che non gli preclude nulla per restituirci un tennista dal livello indiscusso. Djokovic, detto ciò, è il super favorito. Tuttavia è bene ripeterlo qualora non si fosse capito abbastanza. Se c’è uno che può pensare di battere Nole sul Centrale di Wimbledon, questo è proprio quel ‘matto’ incompreso ed ingiustamente criticato di Kyrgios. Non ci sarà Berrettini, non ci sarà Nadal, non sarà quella preventivata all’inizio del torneo due settimane fa ma la finale tra Djokovic e Kyrgios ha anche dei difetti.