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“Grand Slam sì o Grand Slam no”. Questo è il dilemma che riecheggia sostanzialmente dalla finale di Wimbledon tra gli addetti ai lavori e gli appassionati. Ora, però, Novak Djokovic, “il cannibale”, è a soli due successi dall’impresa più importante della sua straordinaria carriera, dall’eguagliare il mito Laver e il “sì” si avvicina a grandi falcate. Il fuoriclasse serbo in quest’edizione degli Us Open ha dimostrato di avere il pieno controllo della situazione a livello mentale e, soprattutto ha gestito alla perfezione tutti i momenti di difficoltà. Negli ultimi tre match, pur essendosi trovato sempre sotto di un set, ha poi concesso le briciole nei parziali successivi. L’ennesima prova della sua superiorità, mostrata in particolare nel quarto di finale con Matteo Berrettini. In semifinale però avrà di fronte uno di quei pochissimi eletti che possono rovinargli la “festa”.
IL POSSIBILE ‘GUASTAFESTE’
Stiamo parlando di Alexander Zverev, colui che nel torneo olimpico, con un fenomenale comeback, spezzò il sogno Golden Slam del venti volte campione Major. La testa di serie numero 4 dello Slam statunitense sta esprimendo il miglior tennis della sua carriera. Finalmente anche i problemi extratennistici, che avevano condizionato le sue precedenti annate, sembrano alle spalle e Sascha perciò è libero. Arriva alla “supersfida” con tantissime certezze e con ben 16 successi di fila nel circuito. Oltre al torneo olimpico, il teutonico aveva difatti trionfato anche in quel di Cincinnati. Inoltre giunge al penultimo atto avendo perso appena un set nelle cinque partite disputate a New York: il primo nel sedicesimo di finale con Jack Sock. Per replicare il risultato dello scorso anno, in cui fu sconfitto in un epico ultimo atto da Dominic Thiem, il nativo di Amburgo avrà bisogno di una prestazione oltre la perfezione palesata in quest’ultimo periodo.
LE INSIDIE
Battere Djokovic sulla lunga distanza è l’ostacolo più difficile che ci possa essere nel circuito. Per farlo ci vorrà un rendimento sulla prima di servizio simile a quella avuta nel corso del torneo (un incredibile 83,6%), oltre ad una notevole percentuale di prime in campo (l’ideale sarebbe il 71% che è la media registrata nelle cinque partite) ed infine una certa consistenza nei colpi da fondo. Su tutto per il minore dei fratelli Zverev sarà fondamentale cambiare spesso il ritmo dello scambio, che il serbo proverà spesso a rallentare, con il suo fantastico rovescio lungolinea. Dovesse riuscire a farlo con una certa continuità, potrebbe scardinare le innumerevoli certezze del fenomeno di Belgrado da fondocampo e rendere concreta l’impresa. I precedenti recitano 7-4 in favore del numero 1 del mondo, che negli Slam ha vinto entrambe le sfide col tedesco (l’ultima quest’anno nei quarti a Melbourne) ma, come già detto, se c’è un momento in cui Zverev può pensare al grande successo difficilmente può non essere questo.
Se a Zverev servirà andare oltre i propri limiti per avere la meglio sul dominatore del ranking, lo stesso o quasi si può dire per Felix Auger Aliassime. Il Next Gen canadese nella sua prima semifinale in un Major si troverà di fronte il numero 2 del mondo e finalista del torneo nel 2019: il russo Daniil Medvedev. Il nativo di Montreal, dopo numerosi alti e bassi vissuti in questa stagione ed un’estate non certo memorabile, in questi Open degli Stati Uniti sta mettendo in mostra il meglio del proprio bagaglio tennistico ed arriva alla sfida col “muro” sovietico nelle migliori condizioni sia dal punto di vista fisico che mentale. L’unico match davvero complicato che ha dovuto affrontare nel corso delle due settimane è stato il sedicesimo di finale contro il sempre ostico Roberto Bautista Agut, con cui è stato costretto al quinto dopo essersi trovato avanti di due set.
IL PERCORSO
Nelle restanti partite ha invece sempre gestito con relativo agio il proprio avversario, anche nelle due occasioni in cui ha perso un set, ossia al primo turno con il russo Evgeny Donskoy e in ottavi contro Frances Tiafoe, in cui è stato costretto alla rimonta. Il suo tennis brillante sta trovando grande riscontro, come già percepibile nella scorsa edizione (raggiunse i quarti perdendo solo dal futuro campione Thiem), a Flushing Meadows. Certo pensare di poter avere la meglio sull’attuale Medvedev è molto complicato. Il campione di Toronto è giunto al penultimo atto dello Slam newyorkese perdendo solamente un set (il terzo del quarto di finale con Van De Zandschulp) e dando spesso la sensazione di essere inavvicinabile. La sua capacità di controbattere a qualsiasi colpo proposto dai suoi avversari in differenti posizioni di campo lo rende invulnerabile ed attaccabile per tutti o quasi. L’arma principale con cui il giovane canadese può cercare di impensierire il suo avversario è la prima di servizio da cui dovrà, esattamente come Zverev, provare ad ottenere una percentuale di punti simile a quanto fatto nel corso del torneo: circa l’80%.
LE PERCENTUALI
Al dato riportato però per lui sarà di prima importanza associare una straordinaria percentuale di prime in campo. Il 64% di media registrato durante le cinque partite potrebbe non essere sufficiente contro l’eccezionale rendimento in risposta del suo avversario. Servirà una percentuale pari al 70% o oltre per provare a fare partita pari, in quanto il russo mediamente nei game di risposta ha ottenuto oltre il 47% di punti nei match giocati ed è nettamente primo in questa speciale classifica, anche davanti a Djokovic, che ha ricavato il 45% dei punti nei giochi di ribattuta. Una statistica quasi deprimente per chi va ad affrontarlo e ciò, abbinato a quanto detto prima, gli permette di avere in modo netto i favori del pronostico e di candidarsi con grande veemenza alla sua seconda finale agli Us Open, la terza in uno Slam.
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