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Rovescio a un mano, ottimo gioco a rete, aperture ampie, capacità di cambiare radicalmente la propria tattica in corso, colpi da genio nei momenti importanti. Qualora non si esplicitasse che il tennista a cui si fa riferimento sia Stefanos Tsitsipas, probabilmente si potrebbe pensare a qualsivoglia tennista anni ’70-’80, con uno stile riconoscibile, esteticamente ineccepibile. Se si considerino inoltre le origini di Stefanos, greco, e le dediche d’ispirazione filosofica scritte sulle telecamere dopo ogni vittoria, impossibile non pensare alla tradizione letteraria-retorica dell’antica Ellade.
Tsitsipas è un prototipo di tennista indiscutibilmente peculiare per quest’epoca, quasi un unicum, che condivide le proprie caratteristiche con pochissimi colleghi; tra questi vi è di certo l’appena eliminato Daniel Evans, il quale addirittura esaspera le caratteristiche sopra menzionate. Tsitsipas è un classe ’98, ma sembrerebbe aver raggiunto una maturità che fa da specchio ad altri tempi, uno stile old che rende speciale ogni suo colpo, ogni suo successo, persino ogni sua sconfitta.
Per gli appassionati di lunga data, vedere Tsitsipas in campo è come riavvolgere il nastro della storia del tennis, per apprezzare una specie tennistica in via d’estinzione. Le vittorie contro Aslan Karatsev, Cristian Garin e Alejandro Davidovich Fokina sono particolarmente significative, perché arrivate contro figli dei tempi attuali. Il successo contro il russo è indicativo in tal senso, potenza ‘a tutti i costi’ contro leggiadria, ricerca del pragmatismo contro fantasia, etica battagliera contro etica creativa.
La vittoria di Tstitsipas contro Karatsev è il simbolico successo di un’epoca contro un’altra, sempre meno frequente, o forse il rispetto e la riscoperta dei tempi andati? Durante il Medioevo, vi fu un periodo in cui i letterati si confrontarono sui maestri greci, li apprezzarono, ne ripresero i precetti e trassero delle conclusioni; gli esponenti della filosofia araba furono fondamentali per la riscoperta della Grecia che fu, predicando ammirazione e introducendo delle teorie personali. Tsitsipas ha cercato, cerca e continua a cercare un’estetica del tennis passato, adeguandola ai nostri tempi ed esprimendo il suo talento in campo. Il greco affronterà la finale di Montecarlo, proverà a scrivere un altro capitolo della sua, personalissima, storia tennistica, certamente però non al computer.
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Dritto usualmente letale, vincenti a ripetizione, rovescio solido, nuovamente qualche vincente, servizio gradualmente migliorato e migliorabile, ancora vincenti. Queste sono le caratteristiche di base dell’altro finalista del Masters 1000 di Montecarlo 2021, Andrey Rublev. Il moscovita ha compiuto un percorso eccezionale nel Principato, superando, tra gli altri, quel Rafael Nadal considerato universalmente ‘re della terra rossa’. Il moscovita ha sconfitto inoltre Casper Ruud in semifinale, un vero e proprio osso duro sul rosso, come ben sa il nostro Fabio Fognini. Che la superficie sia erba, cemento o terra rossa, lo spartito seguito da Rublev è sempre il medesimo: colpi violentissimi da fondocampo e determinazione da vendere. Il movimento russo non si può certamente considerare come povero di talenti, tra i quali spiccano Daniil Medvedev, Karen Khachanov, Aslan Karatsev e appunto Andrey Rublev.
Cosa accomuna questi giocatori? L’assoluta modernità del tennis espresso, assolutamente efficace. Se la potenza e la precisione dei colpi sono assolutamente lodevoli, l’abilità a rete e quella nel dosare le variazioni si presentano come maledettamente carenti. Bisogna chiedersi, però, se questo sia realmente un problema, nel tennis del 2021. I Fab 3 dimostrano che possa esserlo, notando la loro propensione a voler e poter fare al meglio qualsiasi colpo. Federer è per indole il più completo, Nadal ha dimostrato di essere valido a rete e non ha mai disdegnato variazioni pungenti, Djokovic è migliorato nel tempo ed è una sicurezza in qualsiasi zona del campo (smash permettendo). Ancora non si è al punto del discorso.
Rublev potrebbe aver le capacità di vincere qualcosa di importante, qualora non modificasse drasticamente la completezza del proprio repertorio? Questo potrà raccontarlo soltanto il tempo, ma non è impossibile attuare una previsione. Tra 10 anni, con ogni probabilità, il trio eroico del tennis moderno non sarà più tra i campi di tutto il mondo. Con la loro assenza, non sussisterà più il tennis che conoscevamo, da un certo punto di vista. L’operazione inizierà con il ritiro, che sembrerebbe quantomeno imminente, di Feliciano Lopez, esattamente la personificazione del tennis a cui si fa riferimento.
Cosa rimarrà? Soltanto un tennis potente, costituito da testa a testa durissimi e smorzate/slice ogni 3 o 4 incontri? No, questo è da escludere, come dimostrano Stefanos Tsitsipas stesso, Denis Shapovalov, Lorenzo Musetti, Aleksandr Bublik. Però Rublev rappresenta uno stile tennistico sempre più in auge, sempre più difficile da scardinare, sempre più sinonimo del termine ‘successo’. Dunque, Rublev vincerà qualcosa di importante? Probabilmente sì. Il tennis di Rublev è già abbastanza per vincere un Masters 1000? Lo scontro con Tsitsipas, in finale a Montecarlo, darà una risposta a questo quesito; da non dimenticare, però, che sia Tsitsipas che Rublev presentano un talento in egual maniera apprezzabile: sarà un ultimo atto monegasco da non perdere.
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