[the_ad id=”445341″]
[the_ad id=”10725″]
Nella prima ed emozionante giornata degli Australian Open 2019 a rubare la scena e i cuori di tutti gli appassionati presenti al Melbourne Park è stato senza ombra di dubbio Andy Murray, sconfitto da Roberto Bautista Agut nel suo ultimo match in Australia e, probabilmente, della sua intera carriera: lo scozzese è infatti uscito dalla Melbourne Arena osannato da tutto il pubblico, che per tutta la partita è rimasto dalla sua parte, prima di vedere il suo meraviglioso tentativo di rimonta da due set sotto spegnersi, insieme al claudicante ma ancora una volta gladiatorio ex numero 1 del mondo, nel quinto e decisivo parziale.
Il nostro primo focus dell’Australian Open non è dedicato però a Murray, che tutti sperano di poter salutare sul giardino patrio, a Wimbledon, bensì ad un altro di quella generazione che sarà probabilmente ricordata come la più costante e longeva di tutta la storia del nostro sport. E’ stata una giornata da incorniciare infatti per Tomas Berdych che a 33 anni, reduce dal più lungo stop della sua carriera (da giugno 2018 a gennaio 2019), ha iniziato la nuova stagione in maniera impeccabile, regalandosi prima la finale a Doha, ed oggi invece la prima vera sorpresa del torneo, schiantando col punteggio di 6-3 6-0 7-5 la testa di serie numero 13 del seeding, il britannico Kyle Edmund.
Ancor di più del risultato, maturato anche grazie alla giornata nera del semifinalista dello scorso anno in Australia, che in classifica precipiterà di oltre 10 posizioni, sorprende la facilità con cui Berdych ha dimostrato la propria superiorità, grazie ad uno stato di forma che sembra davvero ottimo e, dal punto di vista puramente tecnico, ai ritrovati colpi che per quasi un decennio lo hanno tenuto a ridosso della Top-10, il dritto, sia classico che inside-out, e il potente servizio dall’alto dei suoi 196 cm. D’altronde, senza dolori alla schiena, un servizio come quello del ceco farà sempre la differenza e la potenza, come dimostra anche il cannoniere Ivo Karlovic, è una delle ultime cose ad andar via.
In effetti è proprio il servizio il colpo da cui Tomas Berdych è ripartito in questo 2019: nelle prime 6 partite della stagione, tra Doha e l’esordio di oggi, la percentuale di prime media è del 63,5%, con la realizzazione che sfiora addirittura l’80%. In particolare oggi, l’attuale numero 57 del mondo, è apparso straripante di fronte ad un avversario che invece sembra invece essersi smarrito dal punto di vista tecnico e caratteriale: Berdych ha passeggiato alla battuta, perdendo in totale 17 punti nei tre set, 6 con la prima (43/49) e 11 con la seconda (15/26). Se a tutto questo aggiungiamo, come si diceva, il ritrovato dritto e i 37 vincenti totali al fronte dei soli 14 errori non forzati, si spiega perfettamente il risultato finale. Perché se non si riesce ad evidenziare il punto debole dell’ex finalista di Wimbledon, che è da sempre la mobilità, muovendo la palla con poca profondità come ha oggi fatto il suo avversario, si viene allora investiti dalla tempesta di fulmini che Berdych è in grado di scatenare quando non ha limitazioni fisiche e può per di più colpire in anticipo, impattando la pallina senza dover correre lateralmente da fondo campo.
Logicamente, sarebbe ora sbagliato mettersi a pensare da subito a Berdych come la mina vagante del torneo. Resta infatti da verificare la resa contro un avversario più propositivo e pimpante sul campo rispetto alla brutta versione vista oggi del numero 1 britannico. Altra incognita, data anche la lunghissima assenza e la carta d’identità, è ovviamente la tenuta fisica, soprattutto con poche partite alle spalle e nel 3 su 5 di un Grande Slam. Berdych però, che proprio lo scorso anno giocò un gran tennis in Australia, fermandosi nei quarti di finale contro Roger Federer, può contare ora anche sul tabellone che si apre dalla sua parte: il suo prossimo avversario sarà Robin Haase, prima dell’eventuale scontro con Diego Schwartzman in terzo turno (l’argentino affronterà Denis Kudla). Lo Slam “Down Under”, peraltro, evoca ricordi estremamente positivi per il 33enne ceco, che dal 2011 al 2016 ha sempre raggiunto almeno i quarti di finale, uscito sconfitto anche in due semifinali tra il 2014 e il 2015.
Dal 2016 oramai Berdych vede sempre la sua corsa fermarsi per mano di Roger Federer, mentre quest’anno si trova nel quarto di finale di Rafael Nadal, che ha perso per l’ultima volta da Berdych proprio a Melbourne, nel 2015, vedendosi totalmente dominato in quella che forse rimane la peggior stagione della sua carriera.
E’ prestissimo per potersi sbilanciare in pronostici, in rotta di collisione con Berdych negli ottavi, infatti, c’è anche Grigor Dimitrov, altro giocatore che spesso all’Australian Open ha espresso il miglior tennis della propria stagione. Ma è facile immaginare come, dopo mesi difficili, Tomas Berdych sia tornato ad essere felice sui campi da tennis. Fisico permettendo, l’Australian Open potrebbe rappresentare per lui una importante chance per ricominciare e regalarsi non solo in Oceania, ma durante tutta la stagione, delle nuove soddisfazioni, per divertirsi insieme ai giovani pronti ad esplodere e dare uno schiaffo all’età che avanza.