Francesca Schiavone compie un’altra impresa: in finale a Rio e Janeiro rimonta su Shelby Rogers e vince un torneo dopo tre anni. La partita termina col punteggio finale di 2-6 6-2 6-2 in favore dell’italiana. La vittoria ha una doppia importanza: ancora una volta la leonessa dà prova della sua grande forza d’animo, combinata fantasticamente con le sue capacità tattiche. La cosa che più conta però è il rientro tra le prime 100 giocatrici del mondo, al 94° posto, dopo che agli Australian Open dello scorso mese si era interrotta nelle qualificazioni la striscia delle partecipazioni consecutive nei tornei del Grand Slam.
Sulla terra battuta brasiliana l’inizio della Rogers è più convincente: la prima è abbastanza incisiva, spesso il colpo dopo il servizio è un vincente. La Schiavone fatica moltissimo a resistere alle risposte profonde dell’americana. Con la sua aggressività gestisce meglio gli scambi, per l’azzurra c’è poco da fare: per reagire prova qualche variazione, palle corte e discese a rete però non bastano contro le accelerazioni dell’avversaria. Tatticamente la Schiavone gioca anche bene, la Rogers dopo aver allungato meritatamente concede ben poco e anche quando sembra in difficoltà ne esce alla grande lasciando l’italiana immobile.
Sotto di un set, la Schiavone si scuote e viene fuori la leonessa, che inizia a rimettere tutto in campo, finché non arrivano i primi errori della Rogers: se lo scambio si allunga l’azzurra ha qualche chance in più di riequilibrare la partita. La pazienza in difesa paga non poco e la regina del Roland Garros 2010 si porta avanti, riuscendo a giocare con maggior incisività e la sua solita intelligenza. Un ruolo fondamentale nella reazione dell’italiana è quello della prima di servizio: quando la Schiavone serve con maggior precisione, Shelby Rogers non riesce ad entrare in campo dalla risposta e subisce maggiormente il dritto della 35enne. Il vantaggio è un’ulteriore spinta per l’italiana che prende così coraggio e gioca sempre meglio. Nel frattempo la Rogers si inceppa, i vincenti del primo set si tramutano in errori, in certi casi anche clamorosi. La partita si decide così giustamente al terzo e decisivo set. La Schiavone completa l’opera, non sbaglia praticamente nulla, producendo un gioco man mano più efficace, mentre l’avversaria, ben più giovane, non riesce a riportarsi sui ritmi del primo parziale. La Schiavone trionfa dopo una grande lotta. Un livello di gioco che non si vedeva da parecchio tempo e che, con le dovute proporzioni rievoca i dolcissimi ricordi dell’Open di Francia 2010.
All’età di 35 anni la Schiavone vince il settimo titolo Wta in carriera: ovviamente l’età non è dalla sua parte, ma a fare la differenza è ancora lei, soprattutto sul piano mentale e tattico. Non si arrende mai, si mette lì a correre a destra e sinistra, soffre ed esulta come una 18enne alle sue vittorie. La sua carica agonistica farebbe comodo a molte delle giovani presenti oggi. Intanto noi ci godiamo questa Schiavone che, anche se il tempo passa (troppo) veloce continua a farci emozionare come solo lei sa fare.