Da ormai quindici anni, quando si parla di Wimbledon non si può non fare riferimento a Roger Federer. Un uomo che ha riscritto l’enciclopedia di questo sport, e in particolare dell’evento del Grand Slam più atteso e più amato dell’intera stagione. Il tennista di Basilea, fin dall’anno di grazia 2001, ha fatto innamorare gli appassionati – in particolare quelli nativi nella terra d’Albione – con le giocate e le movenze che lo avrebbero poi reso celebre e amato in tutto il mondo, non soltanto nel micro-cosmo tennistico. E come detto, il suo rapporto di grande amore con l’erba del celebre circolo inglese ha avuto inizio 15 anni fa.
Alla prima apparizione da professionista sull’erba di Wimbledon, Federer collezionò vittorie importanti, forte della quindicesima testa di serie. Dopo aver battuto i belgi Christophe Rochus e Xavier Malisse, e in seguito a una vittoria d’autorità su Jonas Bjorkman, l’uomo venuto da Basilea si trovò di fronte l’ostacolo per eccellenza, ovvero Pete Sampras. Quella che tutti vedevano come una partita tra il grande campione e l’astro in costante ascesa, si trasformò probabilmente nel match che segnò il passaggio del testimone alla guida del tennis mondiale. Federer sorprese tutti per la vasta gamma dei colpi ma soprattutto per la tenuta mentale con cui tenne testa al dominatore degli ultimi anni nel circuito maschile, il quale fu costretto a rimontare due volte per portare la situazione in equilibrio. Ma quando sembrava che il quinto set potesse arrivare ai vantaggi, l’elvetico tirò fuori giocate da fuoriclasse e vinse 7-5, lasciando di stucco i presenti sul Centrale. Ai quarti di finale arrivò la sconfitta contro l’idolo locale Tim Henman, ma quell’anno il mondo si accorse definitivamente del poeta con il rovescio a una mano.
Dodici mesi dopo arriverà una delle più grandi debacle di Federer a Wimbledon, con la sconfitta al primo turno contro Mario Ancic, arriva finalmente il primo anno di grazia per lo svizzero. In un tabellone che si è decisamente aperto con eliminazioni eccellenti e premature, come quelle di Lleyton Hewitt e Andre Agassi, il tennista di Basilea sconfisse in tre set il bombardiere americano Andy Roddick, prima di avere la meglio sul gioco ricco di variazioni dell’esperto Mark Philippoussis. Così arrivò per Federer il primo tuffo sull’erba di Wimbledon, il primo atteso trofeo in Inghilterra e l’inizio di una storia che sarebbe poi divenuta fantastica. Nel 2004, per la prima volta in carriera, Roger si presentò all’All England Lawn Tennis and Croquet Club da detentore del titolo nonché da numero 1 al mondo, ma non steccò. In un torneo in cui raggiunse picchi di eccellenza, resistendo all’assalto di giocatori temibili come Hewitt e Sebastien Grosjean, lo svizzero affrontò nuovamente Roddick, questa volta in finale: il primo set andò allo statunitense, ma Federer riuscì a ribaltare la situazione con grinta e classe, portando a casa il secondo alloro a Wimbledon.
Da allora iniziò il regno di Roger Federer sull’erba di Wimbledon, con quella del 2005 che fu probabilmente l’edizione più bella. L’uomo da Basilea giocò un tennis praticamente perfetto, spazzando via un avversario dietro l’altro e dando l’impressione di essere praticamente imbattibile. Un solo set perso in tutte le due settimane, quando Nicolas Kiefer che vinse il tie-break del secondo set al terzo turno. Ma da allora fu una cavalcata impressionante, con i successi su Hewitt in semifinale e ancora su Roddick in finale, in quella che stava diventando una vera e propria rivalità, seppur a senso unico. Terzo titolo consecutivo a Wimbledon e immortalità tennistica che si stava sempre più avvicinando per Federer, che nel 2006 tornava in Gran Bretagna vestendo – neanche a dirlo – ancora i panni del favorito. Ma appariva la presenza, massiccia e assai dinamica, di un ragazzo proveniente da Manacor: il suo nome era Rafael Nadal, che in maniera quasi irriverente divorava l’erba dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club con chiare caratteristiche da giocatore su terra rossa. La finale era l’unico modo per risolvere la contesa: meglio un ballerino con tocchi vellutati come Federer, o un atleta dal fisico scultoreo come Nadal? Almeno per un anno, tutto si è risolto in favore di Roger, capace di non abbattersi per aver perso il secondo set e abile a gestire al meglio l’irruenza dello spagnolo.
Così, dopo aver calato uno storico poker, per Federer aumentavano gli onori, e al tempo stesso le pressioni. Ma ciò sembrava non importare al tennista elvetico. Ancora una volta un percorso perfetto fin ai quarti di finale, quando Juan Carlos Ferrero gli strappò un set – il secondo – per poi soccombere sotto i colpi del suo avversario. Poi una grande prova di classe e tenuta mentale contro Richard Gasquet, prima del secondo atto della sfida contro Nadal. Dopo un anno di apprendistato sull’erba, il maiorchino era decisamente più temibile e fu capace di rispondere per le rime al suo più quotato rivale: il primo e il terzo set vinti da Federer furono pareggiati prontamente da Rafa, che però crollò alla distanza e dovette cedere il passo a Roger. Quinto titolo consecutivo, Centrale di Wimbledon in visibilio e la storia ormai ad un passo. Così arrivò il 2008, anno in cui Federer provò a segnare definitivamente la storia. Nessuno, infatti, era mai riuscito a vincere sei titoli di fila sui campi in erba più famosi al mondo. Ma c’era qualcuno pronto a spezzare la magia. Nadal, infatti, disputò un torneo quasi perfetto per arrivare in finale al meglio delle condizioni fisiche e mentali. La finale fu straordinaria per ritmo e colpi giocati da entrambe le parti del campo. Lo spagnolo mise a serio rischio il regno dell’elvetico portando a casa i primi due set, ma la tenuta psicologica di Roger venne fuori in maniera straordinaria: tie-break vinti nel terzo e nel quarto set e situazione riequilibrata. Il quinto set fu l’apice del dramma e del pathos sul campo centrale di Wimbledon, con Nadal capace di tenere botta e bravo nello sfruttare la defaillance di Federer: è il sedicesimo game, serve lo svizzero ma Rafa riesce a brekkare, vincendo per 9-7 e sdraiandosi per la prima volta sull’erba dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club.
Tutto sembrava volgere verso una nuova era del tennis mondiale, ma il forfait annunciato da Nadal aprì una grande chance per Federer nel 2009. Per la prima volta dal 2003 lo svizzero non si presentò da prima testa di serie, e questo probabilmente lo liberò da tensioni interne, tanto da renderlo ancora una volta praticamente invincibile a Wimbledon. Un set ceduto a Philipp Kohlschreiber al terzo turno, e poi strada nuovamente in discesa fino alla finale, dove incontrò un altro volto già noto ai suoi occhi nel quattordicesimo giorno di gioco. Andy Roddick prova a dar fastidio all’elvetico, vince il primo set e non si scoraggia quando viene sconfitto nel secondo e nel terzo parziale, tanto da equilibrare nuovamente la situazione. Ancora una volta si gioca un quinto set al cardiopalma, Federer rivive il dramma di un anno fa ma lo gestisce al meglio, e al termine della finale più lunga di tutti i tempi è lui a trionfare col punteggio di 16-14.
Sesto trionfo a Wimbledon per Federer, ma anche la fine di un’era durata quasi un decennio. Anche perchè da quel 5 luglio 2009, l’elvetico non raggiungerà la finale del torneo su erba più prestigioso al mondo per altri tre anni. Corre l’anno 2012, quello delle Olimpiadi che tornano a Londra per celebrare un matrimonio – tra lo sport e la capitale inglese – da sempre ai massimi livelli. E questa volta, a contendere il titolo al giocatore più forte dell’ultimo quarto di secolo è proprio un padrone di casa. Andy Murray vuole spezzare l’incantesimo che dai tempi di Fred Perry non consente ai giocatori britannici di portare a casa il titolo nella propria terra natìa, ma l’attesa dovrà continuare. Federer gioca una finale perfetta dopo aver ceduto il primo set, zittisce i cori dei tifosi del loro pupillo locale e si sdraia per la settima volta sull’erba del Centrale di Wimbledon. A celebrarlo ci sono i giocatori più forti della storia, chiamati a raccolta per assistere a un evento straordinario per il tennis mondiale: settimo trionfo all’All England Lawn Tennis and Croquet Club e diciassettesimo in un evento del Grand Slam: solo William Renshaw e Pete Sampras sono riusciti a fare qualcosa di simile nel torneo inglese. Sì, proprio quel Pete Sampras contro il quale si vide sbocciare, almeno sul piano planetario, il talento di Federer.
E Roger ci tornerà ancora una volta in finale, sull’erba di Wimbledon. E lo farà quasi contro pronostico. È ormai il tennis del dinamismo e della potenza, quello dominato da Nadal e da Novak Djokovic, con un Andy Murray che, dopo aver perso la finale del 2012, avrebbe vinto il titolo olimpico proprio sul Centre Court e avrebbe trionfato nel torneo nell’anno successivo. Ma sarà il serbo ad affrontare Federer nella sua nona finale nel 2014. Finale neanche a dirlo straordinaria per intensità e per gioco, con il numero 1 al mondo che soffrirà, andrà sotto nel punteggio con il tie-break del primo set vinto dallo svizzero, ma riuscirà a sfruttare il proprio maggior dinamismo e una condizione atletica migliore per rimontare e per poi chiudere in cinque set. La storia si ripeterà anche nell’edizione successiva, con Federer e Djokovic che si ritrovano al termine di due settimane estenuanti: un tie-break per parte nei primi due set, poi è ancora una volta la maggior freschezza fisica e atletica a favorire quello che, nel frattempo, è diventato il cannibale del tennis mondiale. Sconfitta in quattro set per Roger, ma ancora la consapevolezza di poter dire la propria in una disciplina sempre più dominata da giocatori che antepongono la fisicità, il dinamismo e la potenza dei colpi alla precisione e alla tecnica. E chissà che le dieci finali disputate a Wimbledon in tredici anni, non possano diventare undici.