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Franko Skugor è un ragazzone croato di oltre due metri. Non ha il servizio di Karlovic, né il dritto di Cilic. È lontano anni luce dalla mobilità di Coric, e persino Ivan Dodig avrebbe tanto da insegnargli. Insomma, difficilmente lo vedrete formare il quartetto di Coppa Davis, ma anche lui ha una carriera tennistica da raccontare. Ormai prossimo ai 29 anni, Skugor è attualmente numero 194 del mondo, ma vanta un best ranking di numero 145, raggiunto proprio nell’aprile di quest’anno. Una vita spesa a livello Future (6 titoli) più che Challenger (una sola affermazione, a Pechino nel 2010). Mai oltre il secondo turno di qualificazione nei tornei del Grande Slam, riesce a conquistare a Wimbledon il primo storico accesso al tabellone principale di un Major, sconfiggendo tre giocatori poco avvezzi alla superficie come Krstin, l’inossidabile Munoz-De La Nava e il minore dei fratelli Melzer, Gerald.
Nel main draw pesca Benoit Paire, che di partite in carriera ne ha regalate a bizzeffe, e sull’erba ha spesso impacchettato gentili omaggi natalizi, anche fuori stagione (lo scorso anno perse ad Halle contro la wild card locale Tim Puetz, attuale numero 913 del mondo, di cui anche i genitori ignorano la professione). Collocati come primo match sul campo numero 11, il francese e il croato danno vita ad un incontro all’insegna delle reciproche cortesie. Paire si conferma animo nobile. Per facilitare il suo avversario, spaesato nel giocare 3 su 5, lascia che vinca il primo set. L’erba di Wimbledon assume così le sembianze del più familiare Challenger di Ilkley, unico torneo sul verde del quale Skugor abbia ricordi non in bianco e nero. Fatti gli onori di casa, il francese si permette di brekkare nel secondo set, ma si rende conto di peccare di scortesia, e concede l’immediato riaggancio al croato.
Dopo un formale scambio di set point, i due giungono al tie break risolutore, nel quale tocca a Skugor stendere tappeto rosso e lasciare che l’avversario riequilibri la partita. Ormai trascinati da un’imperante smania cavalleresca, dividono equamente terzo e quarto set, e l’incontro si conclude al quinto. I due abbandonano qualsiasi forma di galateo. Volano par(ab)ole forti, scazzottate di dritti e rovesci. Messi da parte i convenevoli di rito, Franko appare francamente rinfrancato. Sul 4 pari brekka il suo avversario e dall’alto dei suoi 203 centimetri non ha difficoltà a portarsi 40-0 in battuta. Ha tre match point, tre in più di tutti quelli guadagnati finora negli incontri di un Grande Slam. Ma anche Paire sembra finalmente a proprio agio, quando deresponsabilizzato può dar libero sfogo alla follia. Prima una palla corta, poi due punti giocati con aggressiva sfrontatezza. Skugor non apprezza, e guadagna prepotentemente una quarta palla match. Niente da fare, Paire colpisce nuovamente a tutto braccio. Arriva il contro-break. Sconsolato, Skugor sopravvive ancora qualche game, ma finisce per soccombere 10-8. Dopo quattro ore di gioco, i due si incontrano a metà campo per la stretta di mano, liberatoria per il francese, bruciante per il croato, ma che racchiude simbolicamente l’essenza del loro incontro. Un perfetto gentlemen’s agreement.