Una passione unica, viscerale, a tratti lontana dall’immaginazione. Il tennis come ragione di vita in ogni periodo dell’anno, in ogni stagione ed in tutti i luoghi del mondo. Ma è davvero possibile non perdere nulla del nostro sport preferito anche sotto l’ombrellone? Certamente, basta sapersi organizzare.
Alcuni giorni fa, un po’ per forza, un po’ per diletto, sistemando alcuni vecchi giornali trovati in casa, mi sono trovato davanti la prima pagina di “Trapani Nuova”, martedì 26 giugno 1962: “Nel 2000 i telefoni faranno tutto loro”
“Avevano ragione”. Mi sono detto, sorridendo.
Non potevo non sorridere, visto che, proprio in quel momento, il mio smartphone mi stava garantendo la possibilità di godermi ogni singolo punto del tie-break del terzo set dell’attesissimo derby nipponico fra Uchiyama e Nishioka, primo turno del torneo di Atlanta.
La malattia è chiara, la posologia un po’ meno.
Chi pensa che il fatidico “Game, set, match” della finale di Wimbledon abbia lo stesso sapore dell’ultimo esame della sessione estiva, o dell’ultimo giorno di lavoro prima delle agognate ferie, fate voi, è lontano anni luce dalla realtà che viviamo noi malati (malati, esatto, appassionati è ben altra cosa).
Staccare dalla routine è un diritto e un dovere per tutti, staccare dal tennis no. Nessuna prescrizione medica. Nessuna controindicazione da “servizio e dritto”.
Roger è sulle splendide montagne svizzere con la sua Mirka e i piccolini? Nole prepara nuove mi imitazioni? Rafa non fa altro che pescare e organizzare calamarate alla griglia nelle sue Baleari? No problem. Finché ci sarà il Carballes Baena di turno a remare su e giù per il campo, in tornei organizzati in località dai nomi impronunciabili, a noi andrà bene così e di spunti interessanti ne troveremo sempre.
Il bello è che, se una volta era difficile restare in contatto con il “nostro mondo”, costringendoci a spendere follie per telefonare in Patria e a fugaci sbirciate ai giornali (con relative occhiatacce degli edicolanti), le tecnologie di ultime generazione ci offrono l’opportunità di restare aggrappati a 360° ad ogni singola partita, ad ogni set, ad ogni punto. Ovunque ci troviamo. In automobile, in spiaggia, per strada, in un museo. Che sia in Sicilia, davanti ad una bella colazione con maritozzo e granita, in Germania, davanti a due bei wursteloni bavaresi o gustando uova e pancetta in un bed & breakfast scozzese, la giornata inizierà sempre con “schedule”.
E sappiamo tutti cosa intendo.. Il tablet è la nostra “Lonely Planet”. Sempre vicino, a portata di sguardo.
La sabbia, l’olio solare, il lettino, i racchettoni… “Lore, come previsto, Coric e Paire sono al terzo!”. Perché chi proprio non vuole correre rischi si sceglie anche i compagni di viaggio “giusti”, sempre pronti ad asciugarsi le mani, cercare il cellulare nello zaino ed informarci sull’ultimo set point. Chi non parte ben assortito, cerca subito di rimediare. Noi “casi umani”, infatti, abbiamo una innata capacità di stringere amicizie con perfetti sconosciuti, creare e captare focolai di interesse che si consolidano in un “amen”, purché si parli di tennis, sempre e comunque. “Oh, hai visto la vicina di ombrellone?”, e “Se arriva Ibrahimovic siamo da scudetto!”. Si, d’accordo, tanto la notizia del mese è che forse Del Potro tornerà a giocare. Che vuoi farci…
Di più: chi è già entrato nella fase compulsiva (punto di non ritorno, senza luce in fondo al tunnel), deve tenere conto anche delle perniciose attività ludiche che tanto piacciono alle allegre comitive di vacanzieri sugli arenili o sui verdi prati dolomitici. Possibile che nessuno riesca a cogliere la fondamentale importanza di ritrovare nel circuito quel volpone di Andujar o capire se la Bouchard ha smesso con i “selfie” e ha ripreso a correre, piuttosto che ritrovarsi pieni di lividi ed escoriazioni dopo uno “schiaccia sette” finito male o eterni perdenti al torneo di burraco? Noi sempre tra incudine e martello, al fresco in camera cullati dai colpi secchi sulla terra battuta mentre arrivano messaggi di sollecitazione, poi implorazioni, poi minacce. Qualche amicizia vive momenti difficili.
Al tramonto, davanti l’aperitivo, è il momento delle chiacchiere. Le loro: lacrime di chi ha preso il sole sconsideratamente, scambi di opinioni sui ristoranti di pesce, sui locali notturni, sul film proiettato all’arena, sul flirt appena sbocciato. E le nostre. “Isner è arrivato a 26 oggi!” o “Che ti avevo detto di Berrettini…”. Conferme, delusioni, rimonte, coppie di doppio che si spaiano dopo anni. Tutto finisce nel calderone del fanatico. Niente è lasciato al caso. Mai. Nemmeno in “vacanza”.
Agosto, settembre, ottobre, novembre e le sue Finals. Siamo solo a metà stagione, e si sa, chi si ferma è perduto.
Forse un mese scarso ce lo prenderemo anche noi per ricaricare le batterie, in attesa della nuova stagione.
Prima di iniziare la serata, però, occhio a che la batteria sia al 100%! Sai le palle break a Toronto e a Montreal, questa notte…