Sono passati tre mesi dall’annuncio shock di Maria Sharapova a Los Angeles quando, dopo avere indetto un’importante conferenza stampa, annunciò di essere risultata positiva a un controllo anti-doping effettuato il 26 gennaio scorso, in seguito alla sconfitta patita da Serena Williams ai quarti di finale degli Australian Open. Il 2 marzo la vincitrice di cinque titoli Slam aveva infatti ricevuto una lettera dall’ITF, che la accusava di aver violato il regolamento anti-doping, avendo assunto il Meldonium, una sostanza aggiunta alla Lista dei prodotti proibiti a partire dall’1 gennaio 2016.
Nell’udienza tenuta a Londra nelle giornate del 18 e 19 maggio, il Tribunale della Federazione Internazionale del Tennis aveva ascoltato le due parti e raccolto tutte le prove: Maria Sharapova aveva ammesso di avere regolarmente utilizzato il Mildronate, il farmaco proibito, per oltre dieci anni, e non ha mai pensato di contravvenire al regolamento. Non è infatti consentito assumere la sostanza negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, ma ciò si può fare in Russia, Lettonia, Ucraina e altri Paesi dell’Est europeo; prodotto in Lettonia da JSC Grindeks, e fornito in confezioni di capsule da 250 o 500 mg, esso ha effetti anti-ischemici e cardioprotettivi. Inoltre, ha effetti positivi sul metabolismo energetico e sulla resistenza, e viene generalmente preso dagli atleti poco prima dello sforzo fisico.
[the_ad id=”10725″]
Il dottor Olivier Rabin, senior director della WADA, aveva dimostrato come il Mildronate migliori notevolmente le prestazioni degli sportivi e come esso abbia influito in maniera ampia nelle performance degli atleti che ne hanno usufruito ai Giochi Europei di Baku del 2015, quando il Meldonium non era ancora nell’elenco delle sostanze proibite. Tornando a Maria Sharapova, la russa nel 2005 accusava problemi, a causa del freddo, alle tonsille e nella parte superiore dell’addome: il padre decise di portarla dal Dottor Anatoly Skalny, al Centro di Medicina biotica di Mosca; dopo un’accurata analisi, considerata l’anamnesi familiare, che comprendeva diabete di tipo II e disturbi cardiaci, vennero notati elevati livelli di glucosio e di colesterolo, oltre a degli squilibri minerali. A tal proposito, Dott. Skalny concluse che fosse necessario rafforzare il sistema immunitario, proponendo un serrato regime di medicinali, che fin dall’inizio comprendeva in totale diciotto farmaci e integratori: tra questi era incluso il Mildronate, da assumere per periodi di 7-14 giorni, dai 500mg a 1g per giorno. Skalny seguiva quasi quotidianamente la sua assistita nei primi mesi del 2006, indicando sempre con precisione modalità e tempi di assunzione del farmaco: i miglioramenti registrati portarono il medico a consigliare un uso ormai periodico del Mildronate, risultato utile al trattamento delle frequenti malattie virali di Masha e, a quel tempo, non incluso nella lista delle sostanze proibite. La cura è durata dal 2006 al 2012, con controlli annuali e sempre con l’assunzione di farmaci autorizzati dal codice WADA: l’ultimo certificato, datato 11 marzo 2010, riporta come le sostanze prescritte da Skalny fossero aumentate da 18 a 30, tutte comunque acquistate presso rivenditori autorizzati.
Dalla fine del 2012, la Sharapova aveva deciso di seguire un approccio nutrizionale diverso: smise infatti di collaborare col dottor Skalny, ritenendo inutile quel serrato regime di pillole e integratori, e assumendo nella sua squadra il nutrizionista Nick Harris; tuttavia prese autonomamente, senza consultare alcun medico e senza conoscere gli effetti collaterali, la decisione di continuare ad utilizzare tre delle sostanze prescritte da Skalny, ovvero Magnerot, Riboxin e Mildronate, pensando che proprio il medico di Mosca le ritenesse più importanti delle altre per proteggere il cuore e per la sua carenza di magnesio: non informò nessuno di questa decisione, nemmeno gli operatori della WTA nel momento in cui si è dovuta sottoporre a dei controlli, in quanto nessuno, secondo le sue affermazioni, le ha mai chiesto quali farmaci usasse.
L’unico a conoscenza del fatto era il Dott. Sergei Yasnitsky, il medico del team olimpico russo, che nel 2015 non le sconsigliò l’uso del Mildronate: lei assumeva la sostanza tramite due capsule, nella mattina dei giorni delle partite, e mai trenta o quaranta minuti prima dei match, come le aveva prescritto originariamente Skalny. Dato curioso, come afferma il manager Eisenbud, è che nessuno del suo team sapesse del Meldonium, fatta eccezione per il padre e, dal 2013, per egli stesso: dal 2010, nessun documento attesta l’assunzione del farmaco da parte della giocatrice. Il 29 settembre del 2014 la WADA ha pubblicato sul proprio sito la lista di sostanze proibite del 2015 e, oltre a questa, quella dei farmaci sotto monitoraggio, per valutarne l’abuso e gli effetti: tra questi, proprio il Meldonium, che esattamente un anno dopo è stato aggiunto alla lista “nera” dell’anno corrente, il 2016, “a causa della prova del suo uso da parte di atleti con l’intento di migliorare le prestazioni”.
Il 22 del dicembre del 2015 l’ITF aveva mandato una mail a diversi atleti, tra cui la Sharapova stessa, e ai rispettivi agenti: la comunicazione riguardava alcuni cambiamenti del Programma Anti-Doping del 2016, ma non vi era alcun riferimento diretto all’aggiunta di sostanze nella Lista proibita, ancor meno del Meldonium. L’ex numero 1 del mondo contesta di conseguenza che l’ITF non abbia avvertito in alcun modo gli atleti e non abbia preso misure speciali, pur sapendo che sia lei sia altri tennisti erano risultati positivi al farmaco durante l’anno precedente.
Oggi, 8 giugno 2016, il Tribunale della Federazione Internazionale del Tennis si è riunito per stabilire il grado della condanna per la tennista siberiana. Il Tribunale riconosce l’involontarietà dell’azione, ma contesta la negligenza della campionessa che, se non avesse nascosto l’uso della sostanza alle autorità anti-doping e al suo stesso team, medici compresi, avrebbe evitato la violazione, ritenendo dunque Masha come l’unica autrice della propria sventura:
- è stata riscontrata la violazione dell’articolo 2.1 del TADP, in seguito alla presenza di Meldonium nei campioni di urina dell’atleta russa del 26 gennaio, dopo i quarti di finale agli Australian Open, e del 2 febbraio, a Mosca, lontana dalle competizioni;
- in base all’articolo 9.1, la Sharapova perde i 430 punti ottenuti a Melbourne e i 281.633 dollari guadagnati in quella competizione;
- la russa è stata inoltre squalificata per ben due anni, a decorrere dal 26 gennaio del 2016.
La ventinovenne di Njagan potrebbe ancora, secondo l’articolo 12, appellarsi al Tribunale Arbitrale dello Sport.