“Gli uomini lavorano di più e stanno di più in campo rispetto alle donne, non è giusto che guadagnino gli stessi soldi. Negli Slam si gioca al meglio dei cinque set, le donne al meglio dei tre. Serena Williams ha vinto dei tornei senza nemmeno sudare, perdendo dieci game in tutto il torneo. Questa cosa al maschile non avviene e per questo motivo non puoi pagare uomini e donne con gli stessi soldi“. A parlare è Nikolay Davydenko, ex numero 3 del ranking Atp e vincitore di 21 tornei in carriera tra cui spiccano le Atp Finals del 2009. Ironicamente l’ex tennista russo ha parlato a margine delle celebrazioni per il ritiro dal tennis di una collega e connazionale come Elena Vesnina. Se per i tornei di categoria minore come 250, 500 e 1000 l’equità dei montepremi secondo Davydenko ci può anche stare, la situazione cambia invece per i tornei dello Slam. Questi però ormai da anni adottano una policy di completo allineamento tra montepremi maschile e femminile.
PARITA’ DI GENERE E MONTEPREMI, LA STORIA NEGLI SLAM
Ad aprire la strada all’equilibrio dei prize money furono gli US Open nell’ormai lontano 1973. A ricoprire un ruolo fondamentale in tal senso fu Billie Jean King, da sempre in prima linea su questo fronte. Per quasi 30 anni l’appuntamento di New York è stato l’unico con questa caratteristica, poi nel 2001 si sono aggiunti anche gli Australian Open e infine nel 2007 si sono “adattati” anche Roland Garros e Wimbledon. Sono quindi ormai più di 15 anni che i montepremi dei tornei dello Slam sono identici tra tabellone maschile e tabellone femminile.
PARITA’ ASSOLUTA, LA STRADA E’ ANCORA LUNGA
La realtà è praticamente opposta a quella che vorrebbe vedere Davydenko, visto che il gap salariale è ancora evidente nei tornei di minor importanza rispetto agli Slam. Nel 2023 la WTA ha annunciato l’intenzione di voler riequilibrare i montepremi dei tornei “combined”, ovvero quelli che si disputano in contemporanea con il corrispettivo maschile, a partire dal 2027. La manovra, graduale per garantirne la sostenibilità economica, coinvolgerebbe in primis i sette tornei 1000 combined, tra cui per esempio c’è anche Roma. La parità assoluta di tutti i 250 e 500 del circuito è invece stata fissata come obiettivo per il 2033, anche se un po’ di scetticismo permane visti i grandissimi sforzi economici necessari per far sì che tutti i montepremi femminili possano raggiungere quelli omologhi a livello maschile. Un’attesa che ha creato attriti anche all’interno dello spogliatoio, con Paula Badosa molto impaziente in tal senso chiedendo cambiamenti immediati. La risposta però è arrivata lo scorso anno dalla collega Sloane Stephens, che siede all’interno del consiglio delle giocatrici: “Capisco l’impazienza di chi non avrà benefici, perché certe cose entreranno in vigore solo dopo che diverse giocatrici si saranno ritirate, ma ci sono contratti in vigore che impediscono il passaggio immediato. Questo non è il percorso più veloce, ma ci arriveremo. Se non fossi nel consiglio faticherei a capire, ma questo processo richiede tempo”.