A venti giorni dal suo trentesimo compleanno, e alla vigilia del suo primo quarto di finale al Roland Garros, ripercorriamo la storia di Richard Gasquet, uno dei più puri talenti tennistici degli ultimi vent’anni. Un racconto che comincia dal febbraio del 1996, quando la rivista “Tennis Magazine” espone in prima pagina una foto del bambino Richard su un campo da tennis, affiancata dal titolo “il campione che la Francia attende”.
Quando nel 2002, un quindicenne Gasquet si aggiudica il titolo del Roland Garros Juniores, la storia sembra già scritta. Sarà lui l’erede di Yannick Noah, ultimo profeta in patria nel lontano 1983 (ancora oggi ultima affermazione di un francese nello Slam parigino). Con l’ingresso tra i professionisti riscrive record di precocità settimana dopo settimana: più giovane vincitore di un match a livello Atp dal 1988 (Montecarlo 2002, contro Franco Squillari, a 15 anni e 300 giorni), più giovane a varcare la soglia dei primi 200 (nel 2002) e poi a concludere l’anno tra i primi 100 (nel 2003). Prima di compiere 21 anni il suo curriculum può già vantare due titoli Atp (entrambi conquistati sull’erba di Nottingham), una vittoria su Roger Federer a Montecarlo, due finali Masters 1000 (al tempo Masters Series, ad Amburgo e a Toronto, entrambe perse da Federer), nonché un sonoro 6-0 rifilato a un altrettanto giovane Novak Djokovic, e vittorie su giocatori quali Ljubicic, Murray e Berdych.
Numeri che in pochi possono vantare a conclusione di un’intera carriera, figurarsi a 21 anni ancora da compiere. Neanche quel Rafael Nadal, avversario sempre battuto quando i due erano ragazzini, poi divenuto ostacolo insormontabile con l’ingresso tra i professionisti. Il 2007 porta con sé anche la prima semifinale Slam (a Wimbledon), l’ingresso in top 10 (numero 7) e il conseguente approdo alla Masters Cup di Shanghai a fine anno. Una crescente ascesa, che non poteva che condurre a titoli Major e al più alto gradino del ranking nel giro di pochi anni. Invece, il prepotente sviluppo del fattore fisico in uno sport nato e cresciuto come esaltazione della tecnica, impedisce a Richard di colmare il gap con i giocatori che gli stanno davanti. Anzi, l’armonia dei suoi movimenti e la regale eleganza del suo rovescio non sono sufficienti a mantenere la top 10 e nemmeno la top 20. Chiude il 2008 al 24esimo posto in classifica, ma sarà l’anno seguente, il 2009, a segnare negativamente la sua carriera. Nel corso del torneo di Miami, Gasquet viene trovato positivo alla cocaina a seguito di un controllo antidoping. Successivamente verrà provato che il risultato positivo del test non dipenda da un suo consumo diretto dello stupefacente, ma da un “contagio” indiretto causato da uno scambio di baci con una consumatrice di cocaina, conosciuta nel corso di una serata in discoteca. Evita così una pesante squalifica, rientrando nel circuito dopo soli due mesi e mezzo di stop forzato. Ad ogni modo, le ripercussioni psicologiche sono laceranti. A soli 23 anni, Gasquet sembra irrimediabilmente aver sperperato l’immenso talento fornitogli dalla natura. È un italiano, Riccardo Piatti, a restituirgli spensieratezza di gioco e convinzione nei propri mezzi, oltre che una maggiore aggressività in campo (quante volte abbiamo visto Richard più vicino ai teloni pubblicitari che alla riga di fondo…). Nel 2013 ritrova una semifinale Slam (a New York) e l’accesso al Masters di fine anno. Ancora nel 2015, la vittoria su Stan Wawrinka nei quarti di finale vale una seconda semifinale a Wimbledon.
L’ultima pagina Slam è stata scritta domenica. Alla 13esima apparizione, il talento di Béziers ha raggiunto il suo primo quarto di finale al Roland Garros, sconfiggendo Kei Nishikori tra l’entusiasmo del Philippe Chatrier. Alle porte dei 30 anni, la storia più recente insegna che non è troppo tardi per passare nel novero dei campioni. Stan Wawrinka si è aggiudicato l’Australian Open a quasi 29 anni e il Roland Garros a 30. Marin Cilic ha dimostrato che il dominio dei Fab four può finalmente essere messo in discussione. E Richard è il tennista ideale per alimentare la speranza di inguaribili romantici. Quella che, tra formidabili atleti e instancabili maratoneti, ci sia ancora spazio per chi primeggia in armonia di movimenti e eleganza di gesti. Un fondato motivo per appianare la storica rivalità tra italiani e francesi, e sostenere con entusiasmo lo stesso giocatore, dietro il comune tricolore dell’eleganza, dell’estro e della purezza estetica. Allez Richard.