Dopo avere indetto una conferenza stampa “importante” per oggi a mezzogiorno (ore 21 italiane) a Los Angeles, in vista di un “grande annuncio” (come aveva anticipato il suo agente Max Eisenbud), Maria Sharapova ha sorpreso il mondo del tennis, annunciando di essere risultata positiva ai test anti-doping (qui l’articolo) sostenuti agli ultimi Australian Open, a causa di una sostanza illegale, conosciuta come “Meldonium”. La tennista siberiana ha confessato di avere iniziato ad assumere il medicinale nel 2006, aggiunto solo lo da poco alla lista nera dei prodotti, a causa di problemi di salute: era spesso ammalata, aveva una carenza di magnesio dovuta a un principio di diabete ereditario.
Non sa quali conseguenze vi saranno per la sua carriera, per lei è una situazione nuova: “Ho ricevuto la lettera solo un paio di giorni fa, vedremo con l’ITF. Ho fatto un grosso errore ma non voglio chiudere così la mia carriera”.
Non è il primo caso nel mondo del tennis femminile: non si può non citare l’attuale regina del doppio ed ex campionessa di singolare, l’elvetica Martina Hingis, costretta a due anni di squalifica dall’ITF, dopo essere risultata positiva alla cocaina durante il prestigioso torneo di Wimbledon nel 2007. La svizzera, che ai tempi lasciò il tennis, si è però sempre dichiarata innocente.
In ambito maschile, il 9 maggio del 2009 Richard Gasquet fu trovato positivo alla cocaina ad un test antidoping: venne però assolto nel luglio dello stesso anno e riammesso a poter disputare tornei ATP senza subire alcuna squalifica, convincendo la federazione internazionale che la positività fosse dovuta ad effusioni in discoteca con una ragazza che aveva assunto stupefacenti.
Anche il vincitore degli US Open 2014, Marin Cilic, affrontò problemi di questo genere nel 2013 quando, durante il torneo di Monaco di Baviera, fu trovato positivo e sospeso per nove mesi, in quanto i laboratori Wada di Montreal evidenziarono nel suo organismo la presenza di coramina, uno stimolante nella sezione 6 delle liste delle sostanze proibite. Il tennista croato fu subito pronto a cooperare col tribunale indipendente, sostenendo che essa fosse contenuta in alcune zollette di glucosio acquistate dalla madre a Montecarlo, rendendosi protagonista di una positività “a sua insaputa”.
Celebre è anche il caso dell’argentino Mariano Puerta, trovato positivo al clembuterolo a un test antidoping nel 2004, e squalificato per ben nove mesi; dopo il suo rientro, risultò nuovamente positivo all’etilefrina e, recidivo, fu squalificato a vita dall’ATP. Non fu più riconosciuto dall’ITF come finalista Slam, unico caso nella storia del tennis recente.
Altro sudamericano, Guillermo Canas, rivelò di essere stato trovato positivo ad un controllo antidoping, a causa di un diuretico, durante il torneo di Acapulco nel 2005, dove raggiunse i quarti di finale: all’epoca fu il primo top 10 sospeso per doping. I casi di Canas e Puerta, insieme a quelli di Juan Ignacio Chela e Guillermo Coria, peraltro finalista al Roland Garros nel 2004, gettarono ombre pesanti sul tennis argentino.
Oltre a partite vendute e a scommesse illegali, lo statunitense Wayne Odesnik aggiunse per ben due volte al suo particolare palmares le accuse di doping: per la prima volta nel 2010, quando assunse ormoni della crescita e autosospendendosi di conseguenza; per la seconda volta lo scorso anno, condannato a ben 15 anni di squalifica per tracce di varie sostanze proibite nel suo corpo. Lo rivedremo nel gennaio del 2030 e quindi, per fortuna, mai più.