Il 13 settembre 1981 Bjorn Borg, appena 25enne, gioca la sua ultima partita ufficiale. Dopo la sconfitta subita contro John McEnroe nella finale degli US Open, Borg raggiunge, scortato da sette poliziotti in borghese, una Volvo attraversando le cucine di Flushing Meadows e va direttamente in aeroporto. Il Guardian dedica una pagina al “giallo” sul ritiro di Borg, che dopo 40 rimane ancora irrisolto. “Perché ha smesso?” si chiede il quotidiano inglese, “quali demoni infuriavano in quella bellissima testa coperta da angelici capelli biondi e in quei piccoli occhi di cobalto, che si accostavano solo una frazione troppo vicini? Il tempo ha svelato alcune risposte. Per altre possiamo formulare ipotesi informate, altre non le sapremo mai“. Il Guardian ripercorre la carriera di un campione capace di dominare il tennis degli anni ’70, vincendo sei Open di Francia e cinque Wimbledon consecutivi, con un record di 33 vittorie consecutive dal 1973 al 1980 in Coppa Davis.
“Borg ha portato nello sport una professionalità che nessuno aveva mai nemmeno pensato, allenandosi in estenuanti sessioni da cinque ore, ed era così in forma che ha affermato di non essersi mai sentito stanco durante una partita di tennis. La sua frequenza cardiaca a riposo era di 29 battiti al minuto, come una balena” sottolinea il quotidiano, secondo cui “Borg ha anche codificato uno stoicismo senza legami, che è stato successivamente adottato da Federer (un po’ meno da Novak Djokovic e Andy Murray)“. Dopo le intemperanze giovanili, Borg era infatti diventato una “macchina”: superstizioso e abitudinario: sempre lo stesso armadietto, un certo numero di asciugamani, niente rasatura durante un torneo e così via. “Il tennis non era mai stato davvero bello, prima che Borg lo giocasse. Aveva le groupies. Per un certo periodo si usava un termine: “Borgasm”. Senza Borg, il Federer per come lo conosciamo non sarebbe mai potuto esistere” prosegue il Guardian, che arriva poi al “giallo” del ritiro.
“Certamente Borg era emotivamente schiacciato. Aveva provato a vincere senza riuscirci gli US Open per 10 volte. La vittoria di McEnroe lo confermò come il numero 1 al mondo per il 1981. Aveva Ivan Lendl alle calcagna. Ma c’era qualcosa in più quel giorno. Il motivo della scorta della polizia era che Borg aveva ricevuto una minaccia di morte, poco prima di giocare la semifinale con Jimmy Connors. E un’altra durante la finale, dopo aver vinto il primo set, di cui seppe solo in seguito” sottolinea il quotidiano, ricordando che quello fu l’ultimo torneo vinto da un giocatore che usava una racchetta di legno, nel bel mezzo del passaggio tra due ere tecniche. Dopo essere diventato professionista all’età di 16 anni, Borg aveva sicuramente bisogno di libertà “ed è esattamente quello che ha ottenuto dopo aver lasciato il tennis: una vita a volte caotica che lo avrebbe portato a schivare il fallimento, e fare da giudice nelle competizioni di magliette bagnate nei locali notturni di Stoccolma“.