Australian Open, Indian Wells e ora Miami: obiettivo tripletta. Uno scenario che in pochi avrebbero avuto il coraggio di immaginare solamente qualche mese fa per Roger Federer. Lo avevamo lasciato ai box per tutta la seconda metà del 2016, alle prese con gli acciacchi al ginocchio e la rinuncia all’Olimpiade e agli Us Open. Un’assenza pesantissima, apparsa ai più interminabile, prima di rivederlo in campo a gennaio in Hopman Cup. Solamente un’esibizione, certo, ma è proprio da Perth che il ‘nuovo’ Federer ha cominciato a macinare vittorie su vittorie.
Quella su Berdych ai quarti di Key Biscayne è solamente l’ultima, la numero diciassette (leader fin qui stagionale) di questo 2017 da urlo. Una costanza di rendimento che lo vede primeggiare nella Race to London con circa 1500 lunghezze su Rafael Nadal (“ancora tu, ma non dovevamo vederci più?”), frantumando qualsiasi tipo di logica applicata a quella carta d’identità che tra qualche mese vedrà il numero 36 sotto la voce età. Se questa spesso viene definita ‘solo un numero’, non può dirsi altrettanto della miriade di statistiche da aggiornare ogni qualvolta Roger mette piede in campo. Restringendo il cerchio all’attuale torneo di Miami, infatti, Federer può vantare un record di 48 vittorie e 13 sconfitte, raggiungendo la sua sesta semifinale a quindici anni (!) di distanza dalla prima raggiunta a Key Biscayne nel 2002, edizione in cui si arrese ad Agassi nell’atto conclusivo. I trionfi sul cemento di Miami arrivarono solamente qualche anno dopo, con il back to back 2005-2006, stagioni di massimo splendore dell’ex numero 1.
Proprio al 2006 risale l’unica tripletta sull’asse Australia-America, inaspettatamente tornata di moda nel 2017: nella sua miglior annata (solamente 5 sconfitte da gennaio a novembre), lo svizzero vinse 33 delle prime 34 partite disputate sino alla finale persa a Montecarlo da Nadal. Rispetto a undici anni fa, Roger ha evidentemente ridotto il calendario seppur incappando nella sconfitta nel suo feudo di Dubai contro Donskoy, vero e proprio incidente di percorso alla luce di quanto fatto fin qui nei primi tre mesi. A Melbourne è arrivato il tanto agognato Slam numero 18 in uno scenario inimmaginabile, battendo la sua nemesi Nadal al quinto set, terreno spesso fatale nel computo complessivo della storica rivalità. Non pago, Roger ha bissato a Indian Wells lasciando appena 5 giochi al maiorchino a aggiudicandosi l’atto conclusivo contro Wawrinka. Ciò che ha impressionato sin qui è la ritrovata serenità e aura di semi-imbattibilità nei momenti topici, come dimostrano gli 8 tie-break vinti su 9 disputati tra Australia e America, ultimo ma non importanza quello contro Berdych nel terzo set di Miami rimontando da 4-6.
E così, la tripletta riuscita solamente ad altri tre uomini (Djokovic 2011, 2015, 2016, Agassi 2001 e Sampras 1994) diventa ad un tratto fattibile e dai contorni sempre più delineati, per suggellare un ritorno ad altissimi livelli che ha del clamoroso. Se di ‘ritorno’ vogliamo parlare, considerando che per la quindicesima volta negli ultimi sedici anni (escludendo l’assenza del 2016 per infortunio) Federer ha già staccato il pass per le Atp Finals, ritoccando un record già suo (Agassi è fermo a quota 13). Cose dell’altro mondo.