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La tennista a stelle e strisce Bethanie Mattek-Sands si racconta ai nostri microfoni. Campionessa dal sorriso contagioso, Bethanie Mattek-Sands è da annoverare tra le migliori doppiste della storia del tennis. Numero 1 del mondo nel 2017, la giocatrice statunitense può vantare la conquista di ben nove titoli Slam in carriera, cinque ottenuti nel doppio femminile, tutti in coppia con l’amica Lucie Safarova, e quattro nel doppio misto. Proprio in quest’ultima specialità, la trentacinquenne nativa di Rochester, assieme al connazionale Jack Sock, ha conquistato una storica medaglia d’oro alle ultime Olimpiadi di Rio de Janeiro. “Beth”, che anche in singolare ha fatto registrare ottimi risultati, issandosi fino alla posizione numero 30 del ranking WTA nel luglio del 2011, collabora ormai da diversi mesi col coach siciliano Ettore Zito.
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Ciao Bethanie! Come stai innanzitutto e come hai trascorso questi mesi di stop forzato, lontana dai campi?
“Ciao! Sto molto bene, mi reputo davvero fortunata perché vivo in un posto fantastico come Phoenix, in Arizona, dove le condizioni meteo sono meravigliose. Ho alcuni campi privati per allenarmi, quindi ho avuto modo di giocare all’aperto, ho pure una palestra nel mio garage. Il mio nuovo coach è italiano, quindi ho mangiato dell’ottima pasta, bevuto sempre un buon caffè a colazione (ride, ndr). Insomma, non poteva andare meglio… Ora però bisogna guardare al futuro!“.
Qual è stato il tuo rapporto col tennis in questo periodo anomalo? Hai lavorato su qualcosa in particolare?
“Come ti dicevo prima, sono fortunata ad avere dei campi di mia proprietà; quando i circoli sono stati chiusi al pubblico ho potuto continuare ad allenarmi regolarmente. Mi alleno tre giorni sì e uno no, ascolto molto il mio corpo e mi prendo il mio tempo; non c’è motivo di spingersi troppo oltre in questo momento. Con Ettore abbiamo lavorato molto sulla fase difensiva, sugli spostamenti e, a livello tattico, soprattutto sulle scelte: nelle ultime dodici settimane ho cercato di cambiare un po’ il mio gioco, di essere meno aggressiva e più paziente durante lo scambio“.
A proposito di Ettore Zito: come è nata la vostra collaborazione?
“Ci siamo conosciuti proprio a Phoenix dopo il mio rientro dal brutto infortunio al ginocchio. Per i primi tempi abbiamo lavorato part time, quello è stato il momento più duro perché faticavo anche a camminare. Dallo scorso Wimbledon, insieme a Jared Jacobs che continua a occuparsi per lo più del doppio, è diventato il mio coach a tutti gli effetti, mi ha seguito durante la preparazione invernale e questa, coronavirus permettendo, doveva essere la nostra prima stagione assieme. Abbiamo una grande intesa, sia dal punto di vista professionale sia da quello umano, mi trovo davvero bene con lui!“.
Parliamo un po’ di tennis giocato: sei soddisfatta del tuo inizio di stagione?
“Sono veramente molto contenta. A dicembre sono stata in Nuova Zelanda per la off-season, in assoluto è uno dei miei posti preferiti. Dopo qualche settimana è cominciato il mio percorso in Australia, prima con la semifinale ad Adelaide, poi a Melbourne: con Jamie (Murray, ndr) abbiamo raggiunto una grande finale nel misto, con Sonia (Sofia Kenin, ndr) gli ottavi. Sembrano passati anni dagli Australian Open! Successivamente è arrivata la grande vittoria in Fed Cup nel doppio decisivo contro la Lettonia. Poi siamo andati a Doha, Dubai e, dopo essere tornata a casa per qualche giorno, a Indian Wells: il giorno prima dell’inizio del torneo è arrivato lo stop. È stata una stagione molto breve questa del 2020, ma intensa e positiva. Mi sentivo bene, questo è quello che conta“.
Provando a essere ottimisti per i prossimi mesi: se si tornerà a giocare, quali saranno i tuoi obiettivi?
“Ecco, penso che questa sia la domanda che tutti ci stiamo ponendo: quando ripartirà il tour? Giocherò alcuni match di esibizione a Charleston alla fine del mese, il che mi servirà soprattutto per riprendere confidenza col ritmo partita e con un torneo. Mi piacerebbe vedere come i miei allenamenti si traducono concretamente in un match. Il più grande obiettivo di quest’anno era sicuramente Tokyo, e lo sarà naturalmente anche nel 2021. Non faccio calcoli, ogni volta che scendo in campo lo faccio per vincere“.
Lo scorso anno, e anche nei primi mesi di 2020, hai fatto coppia con diverse giocatrici: con chi pensi di giocare nelle prossime tappe?
“Sì, lo scorso anno, dopo essermi ripresa dall’infortunio al ginocchio, ho avuto modo di fare coppia con diverse colleghe. Dopo Lucie (Safarova, ndr), che adesso si è ritirata ed è diventata mamma, sono stata fortunata a giocare con amiche e allo stesso tempo grandi giocatrici come Coco Vandeweghe, Danielle Collins, Sofia Kenin, Kirsten Flipkens. Per me è davvero divertente giocare con partner diversi, ma soprattutto è fondamentale giocare con persone con cui hai un grande rapporto dentro e fuori dal campo: aiuta molto a vincere e ad essere sereni durante i tornei“.
Doveva essere l’anno dei Giochi Olimpici: tu hai un ricordo eccezionale legato alle ultime Olimpiadi di Rio, quali sono state le tue sensazioni?
“Ricordi davvero splendidi, il match per la medaglia d’oro nel 2016 è stato emozionante: in campo due coppie americane per la finale, eravamo dunque sicuri che gli Stati Uniti portassero a casa sia l’oro che l’argento. Penso che un grande momento sia stato l’incontro di semifinale, perché sapevamo che vincendo ci saremmo automaticamente aggiudicati una medaglia. È stato l’incontro mentalmente più pesante: una coppia avrebbe conquistato la medaglia, l’altra probabilmente no. Era la prima volta che giocavo in coppia con Jack (Sock, ndr) ed era la mia prima esperienza olimpica”.
A parte la medaglia d’oro conquistata a Rio, quale è stato il momento più bello della tua carriera?
“Sono davvero tanti, non credo di riuscire a sceglierne uno! Cerco di godermi ogni momento e chiaramente mi diverto tanto nei momenti di gioia, come sollevare un trofeo ed essere premiati. Uno dei ricordi migliori è legato allo scorso US Open: con Jamie Murray difendevamo il titolo di doppio misto vinto l’anno precedente e siamo riusciti a confermarci. Ma al di là di questo, sono state due settimane fantastiche a New York: mi sono divertita un sacco in città, sono stata davvero bene col mio team, con i miei compagni di doppio (femminile e misto). Non sempre, purtroppo, si vince, la cosa più bella per me è godersi ogni singolo istante di queste esperienze”.
Lucie Safarova, una delle tue migliori amiche e mitica compagna di doppio: quando avete realizzato che il vostro sarebbe potuto essere un connubio vincente?
“Ho sentito Lucie proprio qualche giorno fa, lei adesso è a casa in Repubblica Ceca. Ti dico solo che l’Australian Open vinto nel 2015, il nostro primo successo in un torneo dello Slam, è stato il primo torneo che abbiamo giocato insieme. Non avevamo mai giocato in coppia fino a quel punto. Non ci sono stati dubbi: il primo torneo in coppia è stato il segno lampante che la nostra sarebbe stata una grande partnership!”.
Da fan, è stato straziante assistere in diretta al tuo infortunio a Wimbledon nel 2017. Cosa hai pensato in quei momenti e dove hai trovato la forza per reagire?
“In quel momento ricordo solo di avere sentito un fortissimo dolore al ginocchio, di essere caduta sull’erba e di aver guardato altrove per un istante. È stato tremendo. Ho avuto altri infortuni in passato, ma questo è stato grave anche perché è accaduto proprio a Wimbledon, il torneo più importante dell’anno, con tutto il mondo che ti guarda. È stato l’amore per questo sport a darmi l’input per recuperare, passo dopo passo, con pazienza, e a darmi la forza di reagire. Da quell’incidente vivo il tennis come un’esperienza totale: mi prendo più cura della mia persona, cerco di vivere intensamente ogni tappa, il bello di ogni città, da Parigi a Hong Kong, da New York all’Australia”.
È un onore poterti porre questa domanda molto banale, che però non accade tutti i giorni di fare. Tu hai provato entrambe le cose: è più bello vincere uno Slam o essere numero 1 al mondo?
“Penso che spesso si ottengano ambedue le cose insieme e che entrambe siano pietre miliari nella carriera di un giocatore. Penso a Roger o ad altri grandissimi campioni, ogni volta che vincono aggiungono un nuovo record alla loro lista. Credo che a un certo punto si giochi solo per l’amore per il tennis. Non penso di saper scegliere tra le due cose, è veramente difficile”.
Diventare un professionista in questo sport è una grande impresa, ancor di più essere dei vincenti come te: quando hai capito che questa sarebbe potuta essere la tua strada e cosa consiglieresti a un giovane esordiente?
“Sono diventata pro quando ero molto giovane, a 14 anni. Penso che, guardando indietro, forse era un po’ presto. Consiglio ai bambini e ai ragazzi di godersi davvero gli anni da junior e di non saltare alcun passaggio. Questo è necessario, non c’è fretta di arrivare tra i professionisti. In tutto questo è fondamentale il ruolo dei genitori, mai mettere troppa pressione ai figli”.
Chi pensi possano essere i prossimi protagonisti del circuito? Chi ti ha impressionato di più?
“Penso che Coco Gauff, nonostante la giovanissima età, abbia già dimostrato una forte personalità e un gioco brillante. Faccio anche i nomi di altre due mie connazionali, Caty McNally e Sonia Kenin, che non hanno bisogno di presentazioni. In generale mi piace vedere in azione i giovani, si muovono differentemente e giocano diversamente rispetto ai grandi del passato, a Serena o a Roger ad esempio. Loro sono il futuro: si muovono diversamente, colpiscono la palla diversamente”.
Grazie Bethanie, in bocca al lupo in vista del ritorno in campo!
“Grazie a voi amici di Sportface, crepi il lupo!”
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