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Al termine della prima settimana di incontri dell’Australian Open, è ora di tirare le prime somme: l’edizione 2017 sarà sicuramente ricordata come una delle più curiose e imprevedibili degli ultimi anni e potrebbe finire in modi clamorosi.
Il primo dato che salta all’occhio in maniera incontrovertibile è sicuramente l’assenza prematura delle prime due teste di serie: Andy Murray e Novak Djokovic sono infatti fuori. Il britannico è uscito agli ottavi con Mischa Zverev, mentre il serbo è caduto ancora prima contro Denis Istomin, nell’ormai lontano secondo turno. Ebbene, non succedeva da ben dieci anni che le prime due teste di serie fossero entrambe fuori dai giochi prima della seconda settimana. La cosa è ancor più singolare se si pensa che il binomio Djokovic-Murray negli ultimi tempi qui l’ha fatta da padrone, monopolizzando tre delle ultime quattro finali giocate (2013, 2015, 2016).
A questo punto, eliminati i due principali favoriti per la corsa al titolo, si possono analizzare quelli che sono gli attuali aspiranti per la vittoria finale. Tra i 128 giocatori ai nastri di partenza solo sei potevano vantare un successo a livello Slam. Di questi sei gli unici ancora in gara sono proprio i tre più “anziani”, togliendo appunto la coppia Murray-Djokovic e Marin Cilic (fuori al secondo turno con Daniel Evans). Il croato, nato il 28 Settembre del 1988, è tutt’ora il giocatore più giovane in attività ad aver mai vinto un Major.
Resta in gara chi di Slam ne ha vinti più di tutti, “king” Roger Federer. Lo svizzero è da anni a caccia del 18°esimo sigillo, ma alla vigilia in pochi avrebbero scommesso sul vederlo anche solo nella seconda settimana, complici un tabellone sulla carta assai ostico e i dubbi legittimi sulla sua condizione. Dubbi ancor più pesanti alla luce dei primi due turni, vinti ma non dominati su Jurgen Melzer e Noah Rubin. Eppure, i fuoriclasse si vedono quando c’è veramente bisogno. Al terzo turno Tomas Berdych è stato letteralmente annichilito dal “maestro” svizzero, le espressioni sconcertate del ceco (immortalate e divenute “virali” sul web) in merito a quel match valgono più di qualsiasi commento tecnico. Negli ottavi, Kei Nishikori ha provato a metterla sulla corsa, cercando di far valere gli otto anni e mezzo di differenza, ma ancora una volta è stato lui quello a finire k.o. Il 27enne giapponese al quinto set è lungo a terra, mentre il 35enne di Basilea a fine match è fresco come una rosa. A questo punto è impossibile fare previsioni esatte sul cammino di Roger, certo è che incontrare Mischa Zverev piuttosto che Murray ai quarti è qualcosa che probabilmente nemmeno i più accaniti tifosi del “Re” potevano augurarsi. Lo spettro di una possibile finale con Nadal fa già ribollire il sangue a milioni di appassionati, ma il cammino sarà ancora lungo e insidioso per entrambi.
Resta in gara anche Stan Wawrinka, l’uomo delle grandi occasioni. Quello che negli Slam non vorresti mai affrontare in una finale (finora ha il record di tre vittorie su tre). Poco conta ormai il fatto che all’inizio del torneo fosse quasi fuori con Martin Klizan, o che oggi abbia vinto in tre set tiratissimi con il nostro Andreas Seppi (miglior italiano dell’anno finora). Nell’ultimo Slam pochi mesi fa era a un soffio da uscire al terzo turno con Daniel Evans e poi ha vinto il torneo. Più i turni avanzano e più lo svizzero di “riserva” (avercene, riserve cosi!) migliora il rendimento e la fiducia nei propri mezzi, per cui a Melbourne sono tutti avvisati, “Stan” c’è. E di diritto forse è lui il favorito numero uno, ma meglio non dirglielo.
Chi potrebbe non essere d’accordo però è l’ultimo dei vincitori Slam (in ordine di età) ancora in gioco: Rafael Nadal. Il “toro di Manacor” ha strapazzato il più giovane e blasonato dei fratelli Zverev e ora affronterà Gael Monfils negli ottavi di finale. Se è vero da un lato che “Rafa” non vince Slam da oltre due anni e mezzo (Parigi 2014), dall’altro non si può scordare che di questi tornei lui ne ha vinti 14, mentre tra tutti gli altri nella sua metà di tabellone solamente Raonic ha fatto una finale, perdendola. Levato lo “spauracchio” Djokovic, unico capace di dominare sistematicamente Nadal negli ultimi anni, non c’è nessuno in vantaggio con lo spagnolo nei confronti diretti. La grinta da combattente non è mai svanita e il diritto ha ripreso a girare meglio, malgrado questo non sia certo il Nadal dei giorni migliori è comunque un avversario che su cinque set può far paura a chiunque. La lotta almeno è assicurata.
Tra gli altri restano in gara i principali esponenti della generazione dei primi anni 90’, quella “middle generation” spesso bistrattata da critici e appassionati. Milos Raonic, Grigor Dimitrov e David Goffin sono ansiosi di dire la loro e lasciare finalmente il segno nella storia del tennis che conta davvero. Tra questi, Raonic ha battuto di recente Nadal a Brisbane, per essere però poi battuto a sua volta da Dimitrov (con il quale è sotto 3-1 negli scontri diretti). L’ex “baby Federer” quest’anno vuole fare sul serio, il trionfo su Nishikori a inizio stagione è stato un chiaro segnale e a Melbourne il venticinquenne bulgaro sembra in ottima forma, avendo concesso solo un set a Chung al secondo turno.
Goffin agli ottavi avrà di fronte Dominic Thiem, il più giovane giocatore ancora attivo nella competizione e unico under 24 (Thiem ha compiuto 23 anni lo scorso settembre) ad essere arrivato nei migliori sedici.
C’è poi la strana coppia di Francia, quella formata dal duo Gael Monfils e Jo-Wilfried Tsonga, ancora una volta nelle fasi “calde” dei tornei che contano e della quale forse si parla troppo poco. Per Tsonga risale ormai a nove anni fa il ricordo più bello e forse al tempo stesso amaro della carriera, la finale persa qui a Melbourne contro il “primo” Djokovic. Ai quarti la sfida con Wawrinka lo vede indietro solo per 3-4 nei precedenti, quindi attenzione al trentunenne di Le Mans.
Geal Monfils agli ottavi ha di fronte un ostacolo in teoria ben più arduo da superare: con Nadal ha vinto solo due volte su quattordici, ma va detto che questo Monfils, a trent’anni, è forse il migliore di sempre. Lo scorso anno è arrivato ai quarti per la prima volta su questi campi e nell’ultimo Slam giocato (Us Open) ha fatto semifinale, perdendo in modo quantomeno discutibile con Djokovic. Difficile pensare a “La Monf” vincitore del torneo, ma staremo a vedere. In ogni caso la scarsa attenzione mediatica e la poca pressione che incombe sulle spalle del duo francese potrebbe giocare a loro favore.
Menzione a parte per Roberto Bautista-Agut ancora una volta tra i migliori trentadue al mondo, ma finora mai oltre il quarto turno in nessuno Slam e con Raonic parte nettamente sfavorito. Chissà se la condizione del canadese (febbricitante pochi giorni fa) e la dea bendata non possano andare incontro al ventottenne iberico. Difficile pensare però che possa andare troppo lontano.
“Least but not last”, gli outsiders. Una categoria ormai quasi in desuetudine, ma tornata prepotentemente di moda negli ultimi giorni grazie a Denis Istomin (n°117 atp) e Mischa Zverev (n°50 atp). Due giocatori che hanno in comune una storia particolare e il merito di avere reso l’edizione 2017 decisamente diversa e più avvincente delle ultime.
Vedremo fino a che punto le loro favole proseguiranno, nel prossimo turno potrebbero già terminare, per colpa del solito Federer e del “baby Federer” bulgaro. Nel caso, però, in cui dovessero continuare, attenzione, queste potrebbero addirittura proseguire e culminare nella finale Slam più improbabile della storia del tennis. Alla fine sognare non costa nulla…