Il numero uno al mondo, Jannik Sinner, ha rilasciato un’intervista a Esquire Italia, realizzata a settembre e pubblicata ieri, in cui affronta diversi temi, non ultimo quello del doping. “Non auguro a nessuno di passare i momenti che ho trascorso io, ho visto il buio – ha rivelato -. Non potevo parlarne con nessuno, non potevo sfogarmi o farmi aiutare. Mi sono sentito perso“. L’altoatesino ha poi precisato: “Tutte le persone che mi conoscevano e mi guardavano giocare capivano che c’era qualcosa in me che non girava bene. Ho passato notti insonni, perché anche se sei sicuro di essere innocente, sai che queste vicende sono complesse. A Wimbledon in campo ero bianco come un fantasma. Anche dopo, il mio feeling con le persone è rimasto timoroso. Sono entrato ad allenarmi nel circolo di Cincinnati e pensavo: come mi stanno guardando? Cosa pensano davvero di me? Lì ho capito chi mi è veramente amico“.
Parlando poi del tennis giocato, Sinner ha spiegato: “Il mio gioco è solido e aggressivo, in parte polivalente anche se per esempio il gioco a rete non lo so praticare ancora bene. Un giocatore che mi ha fatto crescere tanto è Medvedev: il serve and volley non mi appartiene, ma lui mi ha costretto a usarlo per provare a batterlo. Nel tennis si impara a crescere proprio dal rapporto con il rivale. Io sono della scuola che o si vince o si impara, e a me perdere spesso con Novak Djokovic ha insegnato tanto. Fa bene, mi sveglia“.