“Darren, io proverò a convincerti… Probabilmente questo è il tuo ultimo Australian Open da allenatore, sono molto felice di poter condividere questo trofeo con te. Tutto è iniziato quando ho fatto il cambiamento, ho scelto Simone e te e gli altri e sono molto felice di avervi al mio fianco”. Si riparte da qui, da queste parole pronunciate da Jannik Sinner durante la cerimonia di premiazione del suo secondo trionfo a Melbourne. Durante la prima settimana del torneo lo stesso numero uno al mondo si era infatti lasciato sfuggire ai microfoni di Eurosport la notizia di cui sopra, di un Darren Cahill prossimo ai saluti al termine di quest’annata tennistica.
Di certo non un fulmine al ciel sereno, dato che lo stesso coach australiano già sul finire dell’anno scorso aveva dichiarato in un’intervista che Jannik sarebbe stato l’ultimo giocatore seguito in carriera. Vero, magari in tanti speravano si trattasse di un qualcosa più a lungo termine, ma è evidente che il desiderio di godersi una meritata pensione e la famiglia dopo diversi decenni in giro per il mondo si era già ben consolidato nella mente del tecnico australiano.
L’IMPORTANZA DI CAHILL
Durante tutte le due settimane il mantra ripetuto da Sinner verteva sempre sulla speranza di provare a convincere Darren a un ripensamento nel corso dei prossimi mesi, continuando a rispettare ovviamente la sua scelta. Pare scontato, il legame che si è creato tra Jannik e i suoi due allenatori è ciò che qualsiasi tennista sogna di avere con il proprio team. Ormai sono passati tre anni dalla rottura con Riccardo Piatti, una decisione tutt’altro che banale presa da un’allora neanche 21enne giocatore ancora nel pieno della sua crescita fisica e mentale. Flash forward di tre anni e ci si ritrova a commentare un tre volte campione Slam e indiscusso numero uno del tennis. Le doti del ragazzo di Sesto Pusteria sono ben note a tutte, ma è evidente anche quanto sia stata importante e azzeccata la scelta ricaduta su Vagnozzi e in seguito Cahill nelle vesti di “supercoach”.
Se l’allenatore marchigiano può essere considerato in un certo senso il “tecnico” del team, colui che ha trovato il modo di far evolvere fino a questo punto il tennis di Jannik, l’importanza di avere una delle figure più apprezzate del circuito come Cahill è altrettanto innegabile. Un uomo di spessore, d’esperienza, fondamentale nella crescita mentale del classe ’01 azzurro in campo e non solo. Poche parole, ma sempre perfette, nel contesto adatto. Più di un allenatore, o “supercoach” che dir si voglia. E lo sa bene Sinner, che ne ha potuto constatare una volta di più l’importanza e l’affetto nei suoi confronti durante i difficili mesi post-positività al clostebol.
VAGNOZZI DA SOLO? DIFFICILE
Insomma, è indubbio che se davvero questa sarà l’ultima stagione sul tour del 59enne di Adelaide, il team, anzi la famiglia dell’altoatesino perde un tassello fondamentale. Poi le cose magari cambiano e non sarà quest’anno ma il prossimo, ma la sostanza è che Jannik dovrà per forza di cose iniziare a guardarsi attorno. Certo, c’è chi sostiene che Simone Vagnozzi sia perfettamente in grado di essere l’unico e solo allenatore del numero uno al mondo e la sua bravura è ormai fuori discussione. Ma in ballo entrano tanti fattori, primo tra tutti la possibilità – dividendosi il lavoro – di prendersi delle pause durante quello che è sempre un lungo anno di tennis. Slam e qualche altro torno di spicco a parte, abbiamo spesso visto in tornei “minori” Sinner seguito solo da uno dei due allenatori mentre l’altro ricaricava un po’ le pile trascorrendo del tempo in famiglia. E viene obiettivamente difficile pensare che non si vada verso un’altra soluzione del genere.
VIA AL TOTO-ALLENATORE
Ovviamente, nella patria del calciomercato, non poteva che partire il toto-allenatore. E Vagnozzi resterà ben saldo su quella panchina, quindi ciò di cui si va alla ricerca è ancora una volta il cosiddetto “supecoach” che possa affiancarlo. Un aspetto cruciale risiede proprio in questo, nella capacità di trovare la figura perfetta che riesca ad integrarsi all’interno di questo team e che possa trovarsi bene proprio con il già citato Vagnozzi. Con Cahill ha funzionato alla grande, ma non è detto che sia così scontato per chiunque altro.
Ecco perché buttare lì nomi altisonanti e affascinanti alla John McEnroe o Andre Agassi, gente dalle indubbie conoscenze tennistiche ma ormai da tempo lontane da quello che è il circuito nella sua quotidianità, in questo momento lascia un po’ il tempo che trova. Un nome che era già spuntato nel 2022 è quello di Magnus Norman, allenatore di altissimo livello che però finora non ha mai indossato le vesti di supercoach, bensì ha plasmato con il suo lavoro gente come Dimitrov e Wawrinka.
PESCARE DAI “BIG 3”? IVANISEVIC SU TUTTI
E allora torniamo, al solito, ai big-3. D’altronde sembra non se ne possa fare a meno: Djokovic, Federer e Nadal. No, in questo caso non loro tre ma chi li ha accompagnati negli ultimi anni, ovvero Goran Ivanisevic, Ivan Ljubicic e Carlos Moya. “Ljubo” al momento è sotto contratto con la Federazione francese, mentre lo spagnolo è libero dopo il recente ritiro di Rafa e lo stesso vale per Goran, che si è trovato in mezzo alla non troppo semplice questione Rybakina e dopo un mesetto e mezzo di lavoro è tornato sul mercato. Sulla carta, la sensazione è che alla fine si finisca per pescare bene qualsiasi sia la carta estratta da questo mini-mazzo.
Detto ciò, non si può far finta di nulla: Sinner già da qualche mese ha “acquistato” dall’ex team Djokovic, con l’ingresso nel suo team di Marco Panichi e Ulises Badio. È evidente che in alcuni tratti si rivede nel tennista serbo 24 volte vincitore Slam, apprezzando anche quello che è stato il lavoro svolto negli ultimi anni dal team del campione di Belgrado. Ragion per cui il nome di Goran Ivanisevic sotto tanti punti di vista non può che essere considerato forse quello più ragionato, oltre che affascinante, sotto molti punti di vista.
IL NOME A SORPRESA: SEPPI
Poi, perché no, spazio anche alle suggestioni. Sia Paolo Bertolucci ee Diego Nargiso in questi giorni hanno fatto il nome di un ex tennista che invece la racchetta l’ha appesa al chiodo da poco, ovvero Andreas Seppi. Il quasi 41enne di Caldaro è un nome profondamente diverso da quelli fatti finora, dato che dopo il ritiro ha deciso di allontanarsi quantomeno parzialmente dal mondo del tennis, continuando la sua vita con la famiglia tra le montagne del Colorado. I punti di contatto però restano e non solo a livello geografico. Andreas per tutta la sua carriera ha lavorato con Massimo Sartori, ma nei primi anni dello stesso gruppetto di lavoro facevano parte proprio Simone Vagnozzi e Alex Vittur, manager e amico di lungo corso di Jannik. Il 2025 è appena iniziato e per Jannik lo ha fatto alla grande, ma lo sguardo è sempre al futuro.