Se domani doveste leggere i giornali sportivi, alla voce “Roland Garros” potreste trovare un articolo dedicato a un mancino spagnolo, approdato ai quarti di finale. Non fermatevi alla prima impressione. Forse, distratti da un’intensa settimana lavorativa, non siete ancora a conoscenza del forfait di Rafael Nadal, e potreste associare il suo nome al contenuto della notizia.
Ma se avrete la pazienza di soffermarvi su quell’articolo, prima o poi troverete il suo nome: Albert Ramos Viñolas, 28enne di Barcellona che prima della scorsa domenica aveva vinto appena quattro incontri negli Slam. Addirittura era reduce da quattro primi turni consecutivi al Roland Garros. Per un giocatore che ha disputato 12 finali a livello Challenger sulla terra battuta (vincendone la metà), un record negativo sorprendente. Quest’anno, dopo aver battuto Zeballos all’esordio, ha sconfitto il modesto Marco Trungelliti al secondo turno, fino a quel momento limite invalicabile dei suoi percorsi Slam. Superate così le colonne d’Ercole, il tennista di Barcellona è stato invaso da un’improvvisa sete di esplorazione verso l’ignoto. Mentre Ramos terminava il suo terzo turno vincente contro Jack Sock, un altro mancino, il più famoso di Spagna, Rafa Nadal, indiceva la conferenza stampa più dolorosa della sua carriera, annunciando il ritiro forzato dall’amato torneo parigino. Un fulmine a ciel sereno per gli organizzatori, un accresciuto senso di responsabilità per Ramos, trovatosi unico rappresentante di una categoria, quella dei mancini iberici, rimasta orfana anche di Fernando Verdasco e Feliciano Lopez.
Nel match odierno con Raonic, è sceso in campo con la convinzione di poter giocare un brutto tiro (mancino, ovviamente) al canadese. Due ore e venti dopo, si è trovato disteso sulla terra del Suzanne Lenglen, quasi in lacrime per la vittoria più importante della sua carriera. È vero, aveva già battuto Federer lo scorso anno a Shanghai, ma i sedicesimi di finale di un Masters 1000 non equivalgono al prestigio degli ottavi di finale al Roland Garros, specie se palcoscenico della quarta vittoria della settimana, lo stesso numero di successi colti in quasi dieci anni di carriera Slam. E che vittoria! Lo spagnolo ha disputato un match sensazionale: coinvolgente e spavaldo dal punto di vista agonistico, ragionato ma anche spregiudicato dal punto di vista tattico. Il cielo nuvoloso di Parigi ha collaborato all’attuazione del suo piano, rallentando la velocità di gioco e limitando notevolmente l’efficacia al servizio del canadese (soli 7 ace, il 63 % di punti vinti con la prima contro il 73 % di Ramos).
Proprio nel periodo in cui le frequenze radio trasmettono la canzone “Piccoli miracoli”, il giocatore di Barcellona costruisce l’impresa di un’intera carriera. “Vivere per i piccoli miracoli”, recita il ritornello, sarà un caso che il gruppo che lo canta si chiami Tiromancino?