Ogni volta è la stessa storia, anno dopo anno, eppure è impossibile non stupirsi. Quando un giocatore di 37 anni torna in campo proprio 37 ore dopo una maratona di 4h27′ e di cinque set, finita alle 3 del mattino, e vince un’altra maratona di 4h37′ e di altri cinque set è impossibile non stupirsi. E poco importa che quel giocatore sia il più forte della storia: certi risultati non sono normali e mai lo saranno, perciò vanno celebrati. Novak Djokovic si prende la scena nel day 9 del Roland Garros 2024, vincendo una partita fantastica contro Francisco Cerundolo, la numero 370 della sua carriera nei tornei dello Slam.
Lo scenario che si era prefigurato era lo stesso di quello visto nel match con Musetti: primo set vinto, secondo perso in maniera combattuta, terzo perso in maniera piuttosto netta. Stavolta però c’erano altre due fattori a complicare la rimonta di Djokovic: il primo era l’infortunio (o fastidio o menomazione, insomma ci siamo capiti) al ginocchio che l’ha limitato, il secondo era il livello dell’avversario, che non è crollato. Anzi, Cerundolo ha avuto persino un break di vantaggio nel quarto e ha battagliato nel quinto. Djokovic però se ne è fregato ed ha vinto comunque, firmando un’altra rimonta da applausi che gli ha regalato i quarti di finale a Parigi. Ci sarebbe tanto da dire su Nole, dalla volée magistrale nel parziale decisivo alle lamentele per il campo scivoloso, ma la verità è che tutte queste cose contano relativamente. Djokovic ha vinto, ancora, semplicemente perché è nel suo dna.
Volendo fare un paragone calcistico, il primo club che viene in mente è il Bayer Leverkusen, che ha concluso la sua stagione in Bundesliga da imbattuto. In tante partite sembrava destinato a perdere, ma nel recupero arrivava sempre un guizzo finale per evitare il ko. Con Djokovic è uguale: sembra che stia per perdere, ci va vicino, si iniziano a scrivere i titoli e tutti già pensano a come commentare questo ko inattesa; ma alla fine non perde e il circolo vizioso ricomincia. Le due vittorie contro Musetti e Cerundolo ci hanno detto che Djokovic ha ancora tanto da dare al tennis, ma anche che difficilmente vincerà questo torneo.
Numeri alla mano, nessuno ha mai vinto un torneo dopo aver trascorso in campo più di 12 ore e 16 minuti (Nadal, Roland Garros 2016) nei primi quattro turni. Djokovic è stato in campo addirittura 13 ore e 48 minuti, sprecando tantissime energie. Poi magari vincerà e ci stupirà tutti, ma innanzitutto lui stesso ha detto che ancora non sa se giocherà i quarti (poco credibile, ma oggettivamente plausibile). E poi con le Olimpiadi all’orizzonte (che a questo punto della sua carriera contano persino più di un Roland Garros), non ha senso dare in questo momento tutto ciò che ha nel serbatoio per poi rischiare di tornare a Parigi scarico.
L’altra eroina di giornata è Jasmine Paolini, che sta vivendo un 2024 oltre ogni più rosea aspettativa ed ha potuto spuntare una nuova voce nella sua bucket list visto che ha raggiunto il primo quarto di finale Slam in carriera. La partita contro Elina Avanesyan è stata più complicata del previsto, ma dopo un primo set regalato a suon di errori l’azzurra è salita in cattedra ed ha perso un solo game nei due restanti parziali, proseguendo il suo cammino a Parigi. Numero 13 del ranking e numero 7 della Race con oltre 2000 punti conquistati, Jasmine deve continuare a sognare perché la qualificazione alle Wta Finals e il debutto in top 10 non sono due obiettivi irraggiungibili. L’highlight del match non è accaduto però nell’ora e 56′ di gioco ma nell’intervista post con Mats Wilander. “Hai un cuore così grande che non so nemmeno come faccia a stare in un corpo così piccolo” ha detto l’ex tennista svedese. “Proprio perché sono piccola, il cuore deve essere grande” ha replicato Paolini. Non c’è altro da aggiungere.