È il 14 luglio, sono le 18:22 a Londra ed i fortunati possessori del biglietto sul centrale di Wimbledon stanno già assistendo ad una partita che se non è la più bella della storia di questo sport, si posiziona almeno nella top 3 di tutti i tempi. Gli spettatori non sanno però che quella che per il momento è solo una fantastica finale tra Roger Federer e Novak Djokovic si trasformerà nel più grosso rimpianto della carriera dello svizzero, nel più tetro ricordo di un 2019 che poteva essere per il basilese l’ennesimo anno buono per mettere da parte la sua carta d’identità e confermarsi sempre di più icona di questo sport. Quei 2 match-points, in vantaggio per 8 a 7 nel quinto set e con il servizio a disposizione, probabilmente Roger non li ha ancora dimenticati e chissà se mai li dimenticherà. Prima il dritto largo all’uscita del servizio, poi quell’attacco tremebondo ed il chirurgico passante di Nole, mentre il cuore della quasi totalità dei presenti ad All England Club si fermava per un paio di minuti, prima di tornare a battere sino all’ultima stecca dell’otto volte vincitore di Wimbledon, che consegnava il titolo al rivale dell’ultimo decennio, Novak Djokovic.
È la quarta finale persa da Federer nel suo Slam prediletto, la terza contro il fenomeno serbo, ma questa ha un sapore parecchio amaro perché giunta al termine della miglior partita della carriera dello svizzero contro il giocatore più forte del Mondo ad oggi. Impeccabile al servizio, praticamente perfetto da fondo con la sua splendida capacità di utilizzare tutte le rotazioni, precisissimo al volo, Roger si è sciolto, come troppo spesso gli è accaduto contro Novak, nei momenti chiave della partita. I tie-breaks ed i 2 match-points sono gli unici momenti della finale in cui il basilese ha errato tatticamente e tecnicamente, consegnandosi di fatto al ‘cannibale’ serbo.
Sarebbe però riduttivo narrare solamente di ciò che sarebbe potuto essere il 2019 di Roger Federer. Parliamo invece di quanto di buono ha fatto ancora una volta il campione svizzero. Il tanto atteso ritorno sul rosso è andato oltre ogni più rosea previsione e si aggiunge ai titoli di Dubai, Miami, Halle e Basilea. Fanno male le due sconfitte patite da Tsitsipas, la prima a Melbourne, l’ultima alle Atp Finals, ma l’impressione è che a Roger non manchi la brillantezza fisica nè il tennis per giocarsela con i rampanti NextGen, ma più che altro lo spunto per giocar meglio i punti decisivi dell’incontro. Non è cosa da poco, intendiamoci, ma la qualità del tennis ed il divertimento che il basilese prova in campo sono probabilmente i motivi per cui afferma di non pensare ancora al drammatico momento del ritiro.
L’INCOGNITA 2020 – Sono oramai anni che alle porte di una nuova stagione si rincorrono le solite domande: ‘Federer può vincere un altro slam?’, ‘Può ancora competere con i migliori?’. Sarebbe indelicato e fuori luogo non rispondere con un assenso ad entrambe le domande. Come potremmo non dare un’altra chance ad un giocatore che è andato ad un solo punto dal vincere Wimbledon? Come potremmo non dar fiducia ad un ragazzotto di 38 anni che un paio di settimane fa impartiva una lezione di tennis a Novak Djokovic in poco più di un’ora di gioco? É vero, l’anno venturo le primavere saranno 39, fa impressione soltanto pronunciare quel numero, ma se solo pensiamo a quanto viaggiavano le gambe di Roger quel 14 luglio non possiamo che credere che possa stupire tutti ancora una volta. Non sarà facile chiaramente, soprattutto con la Nextgen che si sta prendendo la scena a poco a poco (Tsitsipas e Medvedev appaiono i più pronti a spiccare il volo) e con Nole e Rafa che non sembrano proprio aver esaurito le cartucce, per usare un eufemismo, ma non è azzardato pensare che il 20 volte vincitore Slam ci possa stupire ancora una volta. L’obiettivo numero 1 resta Wimbledon, è scontato, ma il solo pensiero di poterlo veder indossare la maglia della Svizzera alle Olimpiadi di Tokyo 2020 all’età di 39 anni, fornisce un senso all’anno che verrà. E se Roger continua a divertirsi e far divertire, allora il ritiro è davvero ancora lontano.