Anno 2017: i “Fab 4” sono ancora protagonisti indiscussi del tennis. A luglio, Murray, Nadal, Federer e Djokovic occupano le prime quattro posizioni del ranking mondiale, ma l’annata è segnata da alti e bassi per tutti. All’improvviso, il tennis inizia a interrogarsi sul proprio futuro: servono nuovi volti capaci di mantenere alto l’appeal del gioco, dentro e fuori dal campo. Proprio in quell’anno fanno il loro debutto a Milano le Next Gen ATP Finals, un palcoscenico per presentare i giovani al grande pubblico e sperimentare rivoluzioni regolamentari che strizzano l’occhio alle televisioni.
Flash forward di sette anni: Il 2024 va in archivio come primo anno del dualismo Sinner/Alcaraz, entrambi vincitori delle Next Gen Finals e già pluricampioni Slam. Sul fronte delle regole, Andrea Gaudenzi, attuale presidente ATP, ha preso le distanze dalle politiche del suo predecessore Chris Kermode, sostenendo che il problema del tennis non sia la durata delle partite. Anzi, il numero 1 del circuito maschile ha persino suggerito di reintrodurre le finali dei Masters 1000 al meglio dei cinque set.
Nel frattempo, le Next Gen ATP Finals affrontano una crisi d’identità. Dopo un primo anno poco entusiasmante in Arabia Saudita, l’evento ha cambiato data e abbassato il limite d’età ai giocatori under 20. Tuttavia, a meno di un mese dal via, le regole sperimentali non sono ancora state comunicate. Sorge spontanea la domanda: hanno ancora senso queste Next Gen ATP Finals?
Forse tutto dipende dalle aspettative. Piaccia o meno, i migliori giocatori del circuito sono quasi sempre passati dalle Next Gen Finals. Non è un caso che, tra gli otto partecipanti delle Nitto ATP Finals 2024, tutti abbiano calcato quel palcoscenico, con l’unica eccezione di Alexander Zverev. Quest’ultimo, qualificato per le Next Gen nel 2017 e 2018, saltò entrambe le edizioni per competere direttamente nelle ATP Finals, che nel 2018 addirittura vinse. Questo dato lascia pochi dubbi: il passaggio dalle Next Gen Finals è una tappa naturale, dettata soprattutto da ragioni anagrafiche. Ma i dubbi sul format riguardano il presente.
Abbassare il limite d’età agli under 20 sembra una mossa intelligente per scongiurare l’imbarazzo dei forfait di chi, ormai, milita stabilmente a un livello superiore. Lo scorso anno, infatti, fu emblematico: Alcaraz, Rune, Shelton e Musetti rinunciarono in blocco al torneo. In questa edizione l’unico a rischio potrebbe essere Arthur Fils, ma non è da sottovalutare il gettone minimo di $150.000 che può salire fino al ricco assegno da $526.480 destinato a chi dovesse vincere il torneo da imbattuto. Anche la nuova data, dal 18 al 22 dicembre, potrebbe rivelarsi un’idea vincente. Più che un epilogo della stagione, la competizione diventa quasi un prologo della nuova. Dal punto di vista strategico, è un’occasione ideale per riaccendere l’interesse del pubblico e puntare i riflettori sui giovani talenti, offrendo loro una piattaforma per emergere e conquistare consapevolezza tra gli appassionati. Quanto alla missione delle Next Gen Finals, se è vero che non si sente più l’urgenza di scovare i nuovi Nadal e Federer, è altrettanto vero che presto sarà cruciale individuare avversari credibili per Sinner e Alcaraz. La speranza è che, dal mazzo, emergano non uno, ma più rivali all’altezza.
“Il torneo sarà caratterizzato da un formato di partita innovativo che creerà un prodotto rivoluzionario fatto su misura per la TV”. Con questo slogan fu lanciata la prima edizione delle Next Gen ATP Finals, promettendo una scossa al tennis tradizionale. E in effetti lo fu: set ridotti a quattro game con tie-break sul 3-3, niente vantaggi, chiamate elettroniche al posto dei giudici di linea e uno shot clock di 25 secondi.
Oltre a partite più rapide, il format ridotto garantisce effettivamente più momenti decisivi nei punteggi, catturando l’interesse dello spettatore; dall’altro il gioco si snatura e perde qualcosa con l’appiattimento del divario tra giocatori. Qualcosa che sul lungo periodo avrebbe potuto sacrificare big match e rivalità, in cambio della maggiore imprevedibilità. Tuttavia, alcune di queste novità hanno lasciato il segno: lo shot clock, il giudice di linea elettronico e il coaching sono realtà consolidate. Non tutte, però, hanno convinto: il no-let e le sperimentazioni sui cambi di campo sono state rapidamente accantonate.
Guardando al 2024, siamo ancora in attesa delle nuove regole del torneo, anche se questo aspetto sembra aver perso centralità rispetto ai primi anni. L’ultima edizione a Jeddah, che ha segnato l’inizio del legame tra il tennis e l’Arabia Saudita, ha mostrato alcune difficoltà, soprattutto nell’attrarre pubblico sugli spalti. Un problema condiviso anche dalle recenti WTA Finals, segno che costruire un seguito solido in quei territori richiederà tempo.
L’edizione di quest’anno parte in sordina, ma potrebbe rivelarsi sorprendentemente interessante. Non tanto per il livello medio iniziale, non tra i più alti nella storia della rassegna – con ben quattro giocatori fuori dai Top 100, destinati a diventare cinque se Arthur Fils dovesse dare forfait -, quanto per il mix di profili in campo. Accanto a nomi più noti come Fils, Shang, Michelsen e Mensik, quest’ultimo molto apprezzato dagli addetti ai lavori, ci saranno giovani talenti promettenti come Learner Tien, protagonista di una stagione impressionante (60 vittorie e 12 sconfitte), Nishesh Basavareddy e Joao Fonseca, unico classe 2006 qualificato.
Nel lotto anche Luca Van Assche, che si distingue per il suo atletismo e la grande intelligenza tattica, sebbene entrambe debbano sempre essere al massimo per consentirgli di competere ai livelli più alti e tornare tra i primi 100. A fare da riserva sarà Martin Landaluce, anche lui classe 2006.
Eppure, il dubbio persiste: cosa vogliono essere le Next Gen ATP Finals nel 2024? La concorrenza di altri tornei è assente, il calendario le posiziona a ridosso delle festività natalizie, e questo potrebbe essere un vantaggio. Il consiglio? Accendere la TV e lasciarsi incuriosire, con la speranza di trovare innovazione non tanto nella forma, quanto nella sostanza dei talenti in campo.