“Qualcuno mi spiega la figura del supervisor?”, “Una figura inutile, chiamandolo non ha risolto nulla”. Uno scambio di battute come tanti, avvenuto tra due utenti sui social a margine della sfida tra Sinner e Rune. Non c’è da sorprendersi, le vittorie del campione di Sesto d’altronde hanno allargato il bacino di appassionati e poi, inutile nasconderlo, nel Gran Premio della simpatia popolare il mondo dell’arbitraggio non ha chance di ambire al podio; non che i giornalisti siano da meno. A Montecarlo la categoria è rappresentata da Cedric Mourier, intervenuto nel match dell’altoatesino, Carlos Sanches e Remy Azemar. Quale sia effettivamente il loro ruolo è un dettaglio che in alcuni casi sfugge anche agli appassionati più accaniti, ma è giusto e sacrosanto che un fan si concentri solo sul campo e sulle meravigliose gesta dei protagonisti. A ognuno il suo e sono tutti i benvenuti, a costo di dover trattenere qualche risata quando si ascoltano discussioni di tennis al bar, in metro o in coda dal fruttivendolo.
“Il supervisor? È la persona più importante in un torneo”, la frase ad effetto sentita un paio d’anni fa da un amico arbitro. Long story short, si direbbe in inglese, ma è semplicemente realtà (naturalmente escludendo i giocatori), chiunque abbia vissuto a contatto con l’organizzazione di un manifestazione internazionale si sarà reso conto che quasi ogni decisione passa dal supervisor, investito della rappresentanza e della piena autorità dell’organizzazione per la quale lavora (ATP, WTA o ITF). Il ruolo chiave di questa figura è assicurare che il torneo si svolga in conformità con il regolamento, decidendo sulle questioni che richiedono una risoluzione immediata sul luogo dell’evento.
Tra i suoi numerosi compiti, il supervisor prende le presenze degli atleti (sign-in), gestisce il sorteggio dei tabelloni, assegna gli arbitri, ha il potere di sospendere o rinviare incontri a causa di condizioni meteorologiche avverse o altri fattori che mettono a rischio la sicurezza dei giocatori, decide l’agibilità dei campi, può richiedere che un giocatore disputi due incontri in una giornata per garantire il completamento del torneo, emette sanzioni per comportamenti scorretti, dirige e valuta il lavoro di referee, chief e arbitri. Inoltre è presente durante i timeout medici, controlla l’illuminazione e approva la disposizione degli oggetti in campo, spostandoli o rimuovendoli se necessario, incluso il materiale pubblicitario, per garantire la sicurezza in campo. Lo spiegone potrebbe proseguire andando a sviscerare comma sempre più piccoli del rulebook, ma la sostanza dovrebbe essere chiara.
Dal proprio schermo il pubblico però lo vede solo quando entra in campo, per questo vuole sapere ciò che il supervisor può fare quando entra in campo e perché spesso non cambia la decisione iniziale. Le situazioni in campo si dividono in questioni di diritto (Questions of tennis law) e questioni di fatto (Questions of Fact). Nel primo caso si entra nel merito dell’applicazione delle regole del tennis, dei tornei e dei codici di condotta. Un giocatore ha il diritto di appellarsi e chiamare il supervisor se ritiene che l’arbitro di sedia stia commettendo un errore su una questione regolamentare. Il supervisor potrà dunque confermare o revocare la decisione, basandosi sull’applicazione del regolamento. Per le questioni di fatto, il supervisor non ha il potere di modificare le decisioni dell’arbitro, il quale si basa su una valutazione oggettiva e non implica un errore di regolamento; il suo ruolo si limita a mediare per calmare i giocatori. Allora, perché chiamare il supervisor in campo? I motivi sono principalmente due: da un lato, la buona fede e la conseguente vera rabbia per una decisione percepita come ingiusta; dall’altro, una strategia deliberata, un pretesto ben congegnato per spezzare il ritmo dell’avversario.