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Panichi e la sua esperienza con Djokovic: “Non tutto era rose e fiori”

Marco Panichi - Foto Sportface

Il gruppo di lavoro di Novak Djokovic durante la scorsa primavera ha subito alcune illustri esclusioni, tra queste quella del preparatore fisico Marco Panichi, il quale lo aiutava dal 2017. Panichi in un’intervista per Tennis Majors, ha raccontato i retroscena della sua esperienza con il campione serbo durante le sei stagioni in cui hanno lavorato insieme e raggiunto l’apice del tennis mondiale: “È stata un’esperienza incredibile, un viaggio incredibile. Ho imparato molto in quei giorni, come essere più professionale e concentrarmi su ciò che dovevamo fare. Ho imparato ad essere pronto ad organizzare i piani A, B e C se necessario, con i grandi atleti c’è sempre molto da fare, succedono tantissime cose dietro ogni scena, quindi devi essere sempre pronto a cambiare programma all’ultimo momento minuto. Naturalmente, la cosa migliore che ho è il rapporto che ho con una persona fantastica”, riconosce l’allenatore.

“Ogni giocatore è diverso, ogni atleta ha le sue esigenze e stili di gioco diversi, la cosa bella di questo caso è che sono sempre stato in grado di implementare la disciplina e la concentrazione di cui Novak aveva bisogno in ogni momento. Racconterò ai futuri giocatori come fa le cose Novak, sono sicuro che questo sarà di grande aiuto per loro, soprattutto per i giovani”, prosegue lo specialista raccontando le necessità di un campione come Nole.

Successivamente Panichi entra nel dettaglio, parlando dei suoi compiti e del suo rapporto con Djokovic: “Con un giocatore della sua statura lo stress è sempre tantissimo, bisogna fare i conti non solo con il giocatore, ma con tutta l’organizzazione. Un giocatore come Novak è come un’industria, è la più grande fonte di stress. Inoltre, un giocatore d’élite come lui ti spinge sempre a fare di più, sempre di più, ma fa parte del gioco. Ho sempre cercato di creare un legame con il giocatore, comprendendo i canali comunicativi di cui quella persona ha bisogno rispetto agli altri. Il nostro compito non è solo correre, saltare e tutto il resto, bisogna anche guadagnarsi la loro fiducia, cosa essenziale per il rapporto, spiega.

“Abbiamo sempre saputo che non era niente di personale, sapevamo che a volte ha bisogno di quei momenti per rendere al meglio. Sapevamo come funziona la sua mente, sapevamo quando dirgli qualcosa o quando non dirgli nulla. Novak è quel tipo di giocatore che a volte ha bisogno di togliersi qualcosa dal suo sistema”, dice l’italiano in merito alle sfuriate del serbo.

Infine parla della separazione e guarda comunque al passato con il sorriso: “Resto fedele ai blocchi di allenamento, quelle settimane di allenamento sono state bellissime, abbiamo condiviso tante cose in campo, ma anche fuori. Abbiamo vissuto tanti momenti memorabili, anche se ce ne sono stati anche altri in cui la pressione sale e Novak diventa una pentola a pressione, dove l’acqua comincia a uscire ed è necessario alzare il coperchio. Non è stato tutto rose e fiori, ovviamente, ma è stato un privilegio lavorare con lui”, conclude.

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