Tutti noi siamo Jana Novotna. Oggi, nel giorno della sua morte, tutti gli appassionati di tennis sono tristi, profondamente tristi.
Non siamo tristi perché è morta una grande giocatrice, favolosa interprete del serve and volley. Non siamo tristi per una malattia che l’ha portata via da questo mondo troppo in fretta. Non avrebbe senso. Si vive e si muore, ogni giorno, continuamente, in ogni luogo del mondo e a ogni età. Siamo profondamente tristi perché tutti, nessuno escluso, abbiamo provato verso di lei una profonda empatia, umana ancor prima che sportiva.
Jana Novotna rappresenta l’emblema del terrore, della paura e della grande rivincita. La finale persa contro Steffi Graf a Wimbledon nel 1993, quando era avanti 4-1 al terzo set con palla del 5-1, è il simbolo di ciò che tutti, nella vita, hanno provato almeno una volta. Sentirsi terrorizzati, bloccati, incapaci di trovare un briciolo di lucidità. Doppi falli come se piovessero (addirittura tre nello stesso game), colpi eseguiti con il braccio letteralmente tremante, una finale che scivola via come fosse un romanzo già scritto. Jana piange, siamo tutti in lacrime. Anche il più fervido tifoso di Steffi, nonostante la grande rimonta, non può che commuoversi per la gigantesca occasione mancata e per la disperazione sul volto della Novotna.
Dopo una seconda finale persa a Wimbledon, nel 1997 contro la Hingis, la Novotna riesce ad ottenere la propria grande rivincita l’anno successivo. Dai quarti di finale in avanti supera Venus Williams, Martina Hingis e Natalie Tauziat, trionfando finalmente all’All England Club. Il sorriso e gli occhi di Jana sono forse ancor più commoventi delle lacrime di 5 anni prima. Una rivincita. LA rivincita. Attesa, cercata e fortemente voluta. Quella rivincita che tutti vorremmo ottenere, in un modo o nell’altro. In un campo della vita o nell’altro.
La capacità empatica della Novotna era totalizzante. Ogni appassionato sentiva la gioia e il dolore in ogni istante. Era come essere in campo con lei. Ci si poteva sentire invincibili e inermi, a distanza di pochi minuti. E, per questo, oggi siamo tutti tristi. Consciamente non riusciamo nemmeno a spiegarlo. Ma non c’è niente da capire, con la morte di Jana Novotna un piccolo pezzettino di noi ci ha lasciato. Una parte infinitesimale, che da domani non ci farà più soffrire, ma che oggi fa male. Tanto male. Grazie di tutto, Jana.