Novak Djokovic ci ha (ri)preso gusto. Sono bastati pochi mesi per mettere a tacere gli svariati requiem ascoltati in un mese di marzo da incubo, con le sconfitte tra Indian Wells e Miami con Daniel e Paire. Eppure, è una lezione che proprio non si vuole imparare dopo le resurrezioni sportive di Federer e Nadal. Forse, il motivo, è proprio quello: nel cuore degli appassionati non c’è spazio per un terzo incomodo nel dualismo più significativo della storia del tennis. E’ il fardello con cui Nole deve convivere dall’inizio della sua carriera, è la “sfortuna” di essere nato nell’epoca di Roger e Rafa. E persino quando non deve affrontare uno dei due in finale si ritrova con 20.000 spettatori pronti a inneggiare il nome dell’avversario dal primo all’ultimo punto. Difficile, oggettivamente, non tifare per una favola a lieto fine di Juan Martin Del Potro, un altro che di calvari se ne intende e tornato in una finale Slam col sogno di bissare il trionfo del 2009. Sotto il tetto che per l’occasione ha ricoperto l’Arthur Ashe, rimbombavano ancor più forte i cori per il gigante buono di Tandil, spalleggiato dall’entusiasmo del solito gruppo di argentini scalmanati capaci di trascinare dalla loro tutto il pubblico americano.
Djokovic era però un uomo in missione. La sua corazza si è solo scalfita con alcuni passaggi a vuoto rigorosamente avuti quando era avanti nel punteggio. Ha perso la pazienza per il chiasso sul campo, invitando gli spettatori con parole poco gentili di tacere. Una scena vista già tante volte, un avversario in più da fronteggiare per Nole quasi dappertutto contro i più forti. Ma è in queste circostanze che, paradossalmente, il serbo si esalta ancor di più. La smania di voler dimostrare di valere tennisticamente quanto, se non di più, gli idoli degli appassionati prende il sopravvento con difese aliene e alzando il solito muro di gomma impossibile da abbattere. Il serbo ha ripreso a macinare: dopo il Golden Masters con quel Cincinnati finora sempre sfuggito alle sue grinfie, è arrivato il secondo Slam consecutivo. Non male per una stagione che sembrava maledetta e l’alba della fine della sua carriera. Nel lunedì più dolce della stagione, invece, Nole si ritrova al numero 3 del ranking con zero punti da difendere sino a novembre e al terzo posto della classifica all-time al pari di Sampras con 14 Slam in bacheca. Il record di Pete, già stracciato da Federer e Nadal, adesso verosimilmente scivolerà in quarta posizione regalando il podio ai tre tennisti più forti mai esistiti. Su chi sia IL più forte, invece, la situazione si complica ulteriormente. La lotta non è più (o non lo è mai stata) a due: Djokovic ha risposto presente con ferocia e determinazione, l’antagonista per eccellenza adesso punta il bersaglio grosso. Roger e Rafa sono avvisati.