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Nick Kyrgios: The Chosen One

Nick Kyrgios - Foto Ray Giubilo

Kyrgios vince e pare tutto normale. Nessuna sorpresa, nessun clamore, poca anzi pochissima cassa di risonanza davanti al successo dell’australiano nel Atp 250 di Marsiglia. Eppure stiamo parlando del primo acuto sul circuito maggiore del ragazzo di Canberra. Stiamo parlando di un ventenne. Scorrendo i gli avversari battuti per alzare il trofeo si leggono i nomi di Gasquet, Berdych e Cilic che, messi insieme, hanno raccolto 18 giochi in sei set.

Forse si dà ormai per assodata la certezza dell’aureo futuro di un ragazzo che pare quasi prestato al tennis senza appartenerci davvero, ma che di questo gioco è uno splendido interprete sia a livello tecnico che fisico. Forse il suo atteggiamento – tra la spacconeria ed il menefreghismo – inganna l’opinione pubblica, ma risulta ad oggi impossibile tacere su chi è senza alcun dubbio il più credibile pretendente al trono del tennis mondiale di domani.

“Detesto il tennis”. E’ questa la prima cosa che Kyrgios dichiara nella conferenza stampa dopo la finale dominata con Cilic. Un’affermazione forte, per certi versi ai limiti della sopportabilità se relazionata a chi è diretta, ovvero a chi del tennis ne è invece innamorato. Un’affermazione che, però, è una splendida polaroid del Kyrgios uomo prima che del Kyrgios giocatore. Il ragazzo australiano di origine greco-malese è talmente lontano dal tennis che pare non farne parte appieno. Il suo background, il suo atteggiamento in campo e fuori, il suo modo di apparire, persino il suo abbigliamento. Tutti aspetti diametralmente opposti al tennis globalmente inteso. E forse risiede proprio in questo apparente menefreghismo il suo principale punto di forza. Basta vedere la non-esultanza al termine della finale, poi giustificata ai giornalisti con un beffardo “è solo una partita di tennis”. Dove finisce il reale distacco emotivo e dove inizia la volontà di costruire una determinata immagine attorno a sé non è determinabile, ma è altresì vero che – pantomime a parte – il ragazzo in campo morde, punge e, elemento dannatamente importante, vince.

Non va tuttavia commesso l’errore di esaurire nella spacconeria la peculiarità di Kyrgios che in campo è forte, ma forte davvero e ad una personalità totalmente fuori dal comune abbina qualità tecniche e fisiche oggettivamente eccelse, anch’esse fuori portata per moltissimi. Scorrendo le mere stats della kermesse marsigliese cade la mascella: Kyrgios trionfa mettendo in fila cinque vittorie non solo senza perdere set, ma anche senza subire break con appena quattro palle break concesse nel suo cammino. Il rush finale è francamente pazzesco: 6-0 6-4 a Gasquet, 6-4 6-2 a Berdych, 6-2 7-6 a Cilic. Kyrgios sostanzialmente spazza via dal campo tre delle prime quattro teste di serie – tra cui due top ten ed un vincitore di Slam – mitragliando con 49 ace (quota 72 se consideriamo l’intero torneo) i tre malcapitati in 27 turni offrendo appena una palla break (il setpoint del secondo set della finale con Cilic, cancellato con un ace esterno). L’ultimo a riuscire in un’impresa simile è stato Roger Federer nell’ultima edizione del Masters 1000 di Cincinnati.

Ad aprile 2014 era arrivata la prima affermazione a livello Challenger sulla terra verde di Sarasota, un appuntamento molto più vicino ad un Atp 250 che ad un Challenger. A febbraio 2016 arriva il primo centro sul circuito maggiore nella seconda finale dopo quella persa dodici mesi fa sulla terra dell’Esoril. Nel mezzo quasi 200 posizioni scalate, due quarti di finale Major, lo scalpo di Rafa Nadal negli ottavi di finale di Wimbledon 2014, poi quello di Roger Federer a Madrid lo scorso anno battuto per 14-12 al tie break del terzo set. Il tutto a vent’anni.

Risulta impossibile confinare tale curriculum nella categoria dei “segnali”, queste sono prove di forza incontrovertibili ed inequivocabili. Se fino a poco tempo fa Nick Kyrgios aveva affibbiato addosso lo status di predestinato, ora sulla sua pelle va cucito quello di prescelto.

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