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La seconda edizione delle Next Gen Finals di Milano sta per avere inizio: dopo il boom e la vittoria di Hyeon Chung, anche la competizione 2018 è attesa con ansia da parte dei fan tennistici, anche per l’espansione e i miglioramenti della Fiera Rho. Tra i migliori 8 c’è Jaume Munar: una qualificazione giunta in extremis, anche grazie al forfait di Alexander Zverev, qualificatosi da un pezzo per il Masters under 21, ma preferendo ancora quello di Londra del circuito maggiore.
È stato un anno importante per lo spagnolo, l’ingresso in top100, la partecipazione al Roland Garros, ma anche le prime gioie Challenger: un viaggio nel 2018 del pupillo maiorchino di Rafael Nadal.
MUNAR: CON CONNORS NEL CUORE- Jaume Munar nasce a Maiorca il 5 maggio 1997, nella piccola comunità di Santanyi: il sogno del tennista spagnolo, è quello di emulare i suoi concittadini come Carlos Moya e Rafael Nadal. Non a caso, comincia a giocare a tennis all’età di 8 anni, ottenendo subito riscontri favorevoli, tanto da ottenere il soprannome di Jimbo, proprio per l’attitudine di giocare e sacrificarsi come il campione americano Connors.
Il sogno di diventare tennista matura una volta comprese le proprie qualità , al Roland Garros, quando conquista la finale juniores nel 2014, vinta da Andrey Rublev: il piano B di diventare medico termina definitivamente quando le vittorie e gli allenamenti contro i pari età Sascha Zverev e Alexander Bublik gli permettono di ottenere una chiamata prestigiosa.
Dopo varie esperienze in giro per l’Europa, la Rafael Nadal Academy è decisa a dare una chance al promettente maiorchino, pronto ad allenarsi con il proprio idolo a partire dal settembre 2016, quando l’accademia nasce definitivamente. Con il suo compagno d’allenamento cileno Christian Garin i miglioramenti sono continui: i 5 Futures dello stesso anno e l’ingresso in top300 fanno da apripista al successo di Segovia del 2017 contro l’altro enfant prodige Alex de Minaur. Il terreno per un grande 2018 è tracciato…
ESPLOSIONE 2018: TOP100 E PRIME VITTORIE – Il tennista spagnolo comincia subito il 2018 in modo promettente come in molti si aspettavano, considerando un’età che premette la maturità tennistica giusta. Superate agevolmente le quali a Melbourne del primo Slam dell’anno, perde contro Gael Monfils, ma la presenza dei suoi due idoli sembra un passaggio di consegne e attestato di stima.
Varie sporadiche apparizioni arrivano nei Challenger in giro per l’Europa, ma l’aiuto di Bartolome Salva Vidal, coach di fiducia di Nadal, gli permette di scalare 150 posizioni: con la prima vittoria a livello Atp in quel di Barcellona, in Spagna, ovviamente, entra tra i primi 100, soprattutto grazie alla vittoria del torneo Challenger di Caltanissetta.
Il primo successo professionistico arriva dopo un match da mille significati al Roland Garros: contro David Ferrer, rimontando due set di svantaggio e spuntandola di carattere, per 3-6 3-6 7-6 7-6 7-5. Al turno seguente ha giocato un buonissimo match contro Novak Djokovic, arrendendosi per 7-6 6-4 6-4: il momento positivo, non continua solo in Sicilia, ma anche in Repubblica Ceca, dove vince un altro torneo minore, a Prostejov. L’annata ha riservato, nell’estate più importante della sua giovane carriera, la prima semifinale Atp a Kitzbuhel: un mese speciale, concluso con la finale di doppio al Challenger californiano di Noumea.
Le esperienze a livello maggiore, dopo vittorie importanti tra Winston Salem e Brest si concludono agli US Open, dove ottiene un altro interessante secondo turno: grazie a questi risultati, il classe ’97 diventa il primo spagnolo di sempre a qualificarsi alle Next Gen Atp Finals.
FINALS: PRIMA SODDISFAZIONE? – Munar dunque è stato l’ultimo a qualificarsi alla rassegna giovanile milanese, prima del ripescaggio del polacco Hubert Hurkacz al posto di Denis Shapovalov. Le aspettative sul tennista spagnolo non sono alte, anche se il mondo dello sport iberico ha speranze nell’erede di Nadal. La possibilità di succedere Hyeon Chung al titolo è difficile, considerando la presenza di Stefanos Tsitsipas e Alex de Minaur, più formati e pronti per tali palcoscenici, ma il futuro del maiorchino passa anche e soprattutto dal sorteggio dei gironi. Tra i partecipanti e gli u-21 è tra i meno papabili per la vittoria finale, proprio come il sudcoreano l’anno scorso: le carte in regola ci sono, così come le condizioni psicofisiche sulle quali lavora da sempre.