L’11 settembre del 2001 Emma Raducanu non era ancora nata, perciò non può ricordare in prima persona quanto accaduto in America. 20 anni dopo è invece proprio lei a sollevare al cielo di New York il suo primo slam della carriera, togliendosi una soddisfazione immensa in una giornata che da sempre rievoca sofferenza nella popolazione statunitense. Una data che resterà scalfita nella memoria degli americani, i quali solo con il tempo hanno messo da parte il dolore e la rabbia per lasciare spazio al futuro. Molte di quelle persone che hanno vissuto l’incubo sono riuscite ad andare avanti proprio grazie ai loro figli o nipoti e alla prospettiva di vederli crescere. Perché non importa cosa ci sia nel passato, nel futuro ci saranno sempre dei bambini ed investire su di loro è più importante che mai. Nella vita di tanti l’11 settembre ha rappresentato uno spartiacque: c’è un prima e c’è un dopo. Oggi, due di quelle teenager nate ‘dopo’ erano in campo sull’Arthur Ashe Stadium ed hanno regalato ai 24.000 presenti sugli spalti emozioni e spettacolo. Alla fine a prevalere è stata la più giovane, nata a Toronto ma di nazionalità inglese. Un successo sul quale c’è così tanto da dire che è meglio evitare di dilungarsi troppo e iniziare subito.
Innanzitutto Raducanu è la prima qualificata della storia a conquistare un major, quindi ad ottenere più di 2.000 punti da un singolo torneo. Due settimane da sogno, tre se consideriamo anche quella in cui si sono disputate le qualificazioni, unite dallo stesso minimo comune denominatore: zero set persi e un dominio in lungo e in largo. Addirittura solamente una delle dieci avversarie affrontate è stata capace di conquistare più di 4 giochi in un singolo parziale. Un’impresa simile a quella di Iga Swiatek al Roland Garros 2020, la stessa Iga Swiatek che batté Emma nei quarti di finale del torneo di Wimbledon Junior 2018. La particolarità di quell’edizione? Al secondo turno si affrontarono proprio Raducanu e Fernandez con la vittoria dell’inglese. 3 primavere dopo la sostanza non è cambiata, la posta in palio sì. Al secondo slam in carriera Raducanu s’impone da numero 150 del mondo e compie un balzo significativo nel tennis che conta. Una finale molto lottata (quasi due ore di gioco) ma che ha rimarcato la superiorità della britannica, almeno per il momento, e che lascia presagire essere un punto di partenza per la classe 2002. Un successo che, inoltre, non lascia pensare ad altro che alla nascita di una stella. La Gran Bretagna attendeva da tempo un astro nascente e sembra averlo finalmente trovato. Il grande risalto che sta avendo sui social network e dai media lo dimostra.
Con le luci dei riflettori puntate esclusivamente sulla Raducanu, passa quasi inosservato il gran torneo di Fernandez. La canadese si è resa protagonista di un cammino strepitoso ma non ha potuto nulla in finale. Ciò che resta è il grande dispiacere per l’occasione mancata seppur con la consapevolezza di essere giovane e quindi di poterci riprovare in futuro. Purtroppo per lei, questo è stato il torneo di Emma. Una favola cominciata il 25 agosto che ha avuto il suo lieto fine. Raducanu è la nuova regina di New York e la nuova realtà del tennis mondiale. Ma non è stata l’unica protagonista di questo pazzo slam. Si è avuto infatti un grande assaggio di quello che sarà il futuro del tennis femminile e se, come si suol dire, il buongiorno si vede dal mattino, i giorni a venire appaiono piuttosto rosei. Quale miglior modo di congedarsi, dunque, se non con le note di ‘Teenage Dream” di Katy Perry che risuona sull’Arthur Ashe Stadium?